Il 6 dicembre '05, a quasi un anno di distanza dalla presentazione della prima edizione di Vitigno Italia, eccoci nuovamente alle prese con quello che definimmo un progetto, un'idea complessa ed articolata, dalle grandi possibilità di sviluppo futuro. Ricordando ancora che avevamo anche previsto che i possibili effetti ed i risultati di questa manifestazione si sarebbero potuti manifestare solo a medio e lungo termine, siamo ancor più consci che non è ancora maturo il momento per poter tirare le somme, per poter esprimere un giudizio definitivo su questa manifestazione.
Oggi però ci piace davvero di poter dire almeno, come fece il compianto Massimo Troisi, "ricomincio da tre". Eh sì, perché vuol dire che anche Vitigno Italia, questo grande evento sui vini italiani da vitigno autoctono, può salvare almeno tre cose belle, portate cioè già a compimento nella precedente edizione.
Il primo traguardo, il più importante, consiste nell'aver riscosso il consenso e la condivisione di quel progetto da parte di centinaia di produttori (quest'anno i soli espositori saranno circa quattrocento): oggi tutte queste aziende scendono in campo quasi fossero un'unica squadra, nella determinata convinzione che l'arma vincente, sul piano della competitività con l'estero, sia rappresentata dalla produzione di vino da vitigno territoriale.
La seconda cosa bella riguarda un merito, più che un risultato, che va attribuito a Vitigno Italia. Questo è rappresentato dall'aver conferito ufficialmente a una città come Napoli, disattenta verso la materia e senza specifiche tradizioni ma capoluogo di una Regione che nel settore è in forte espansione, un ruolo importante di guida dell'intero meridione d'Italia, di strategico capofila del vino del Sud.
Il terzo risultato positivo ottenuto dalla scorsa edizione va letto nei numeri, che narrano di 4 milioni e mezzo di fatturato solo per i contratti sottoscritti nel corso della manifestazione, senza contare cioè le stipule avvenute successivamente sulla scorta dei contatti realizzati durante la manifestazione: niente male per una prima edizione...
Quest'anno, c'è da giurarci, saranno corrette anche quelle défaillances - alcune lievi, altre vistose - che hanno caratterizzato la prima edizione, a cominciare dalla data di svolgimento, dal 21 al 23 maggio 2006, calibrata anche sulle esigenze e sulle specifiche richieste dei produttori e degli operatori che hanno preferito i giorni di domenica, lunedì e martedì; il primo giorno, quello festivo, sarà anche aperto al pubblico, mentre gli altri due saranno destinati esclusivamente agli operatori commerciali italiani ed esteri. Un'altra novità, che contribuirà non poco a render più fruibile e accattivante l'evento, è costituita dall'utilizzo di più di 15.000 mq di superficie scoperta che, aggiungendosi ai 12.500 coperti, in un auspicabile tepore tardo-primaverile potranno offrire piacevolissime alternative, per l'intrattenimento dei visitatori, all'interno della grande Mostra d'Oltremare di Napoli. Infine una correzione necessaria, anzi assolutamente imprescindibile per la buona riuscita dell'evento, un difficile compito per la nuova direzione tecnica, è rappresentata dalla diversa e più consona allocazione di certi stand, che nell'edizione trascorsa furono inopinatamente relegati e quasi dimenticati in meandri nascosti e solitari del percorso.
Nuovi obiettivi, nuove emozioni
Lo scopo dichiarato di Vitigno Italia è consistito, fin dalla scorsa edizione, nel creare un nuovo polo, un punto di contatto con i mercati tradizionali dell'export, e offrire con questo strumento nuove opportunità di promozione e di scambio sia ai grandi marchi affermati sia alle piccole aziende emergenti. Ma un nuovo e più ambizioso obiettivo si impone quest'anno: "Occorre andare incontro ai nuovi mercati emergenti dell'Est Europeo, della Cina e del Sud Est Asiatico - dichiara Chicco De Pasquale, presidente di Vitigno Italia - Bisogna intervenire con tempestività su questi mercati ed entrare subito in competizione con una concorrenza sempre più agguerrita, soprattutto quella proveniente dai Paesi del nuovo mondo, dove la qualità della produzione migliora vistosamente anno dopo anno". E quale può essere l'arma vincente, l'asso nella manica del prodotto Italia? De Pasquale non ha dubbi: "L'emozione. Proporre e vendere le innumerevoli varietà di vino da vitigno autoctono italiano significa vendere l'emozione Italia in tutta la sua essenza. Un'emozione che deve poter rinnovarsi ogni volta che si apre una bottiglia del nostro vino. La strada intrapresa già dalla precedente edizione di Vitigno Italia è sicuramente quella di emozionare con il vino da vitigno storico italiano l'intera filiera commerciale estera: è questa strada, un percorso fatto di emozioni, che consentirà di combattere australiani e cileni contrapponendo ai loro prodotti i nostri, inimitabili perché arricchiti da questa caratteristica che li rende esclusivi."
Gli eventi
Lo schema espositivo, ormai consolidato, è quello di ricostruire un percorso ideale dell'Italia del vino, dal Sud al Nord o viceversa. Ad arricchire questo percorso sono stati creati numerosi info-points che, soprattutto a beneficio di visitatori e degustatori occasionali, forniranno indicazioni tecniche e geografiche sulle varietà e sulle tipologie dei vini. Molto interessante lo spazio dedicato all'editoria di settore, con il "Salotto di lettura", in cui verranno presentate le novità del settore: libri, guide e periodici. Anche quest'anno non mancheranno laboratori e degustazioni aperte a tecnici e appassionati, a cura di Slow Food e dell'Associazione Italiana Sommelier. Tra i concorsi previsti per questa edizione ricordiamo "I magnifici 15", una selezione effettuata da una commissione di esperti tra i migliori vini prodotti da vitigno autoctono e "Il vino perfetto", i tre migliori vini, rosso, bianco e da dessert, giudicati in questo caso da una commissione di 50 degustatori non professionisti.
Le degustazioni
Va detto innanzitutto che per l'Anteprima di Vitigno Italia l'organizzazione ha chiesto alle aziende di portare in degustazione un solo tipo di vino e questo particolare avrebbe potuto penalizzare maggiormente quelle imprese, generalmente di media-piccola dimensione, che né posseggono grandi alternative di prodotti né possono vantare dei cru particolarmente affermati. Ciò nonostante, in questa occasione di degustazione abbiamo avuto il piacere di scoprire anche aziende giovani ed emergenti, molte delle quali non hanno affatto sfigurato anche se ospitate magari proprio gomito a gomito con i mostri sacri, con i monumenti della produzione vitivinicola nazionale. Così ad esempio tra le Regioni del Sud abbiamo "scovato" Giannattasio, viticoltori di Barile (PZ), una piccola azienda che ci ha offerto un brillante Aglianico del Vulture, Arcà, vino dal naso esplosivo e dalla bocca piena e spessa, con tanta, tanta frutta matura.
Tra i grandi della Sicilia, invece, vogliamo citare per tutti il bellissimo Ribeca di Firriato, uno dei pochi prodotti a base Nero d'Avola che possa vantare, oltre all'impatto, alla potenza ed al calore tipici questi vini, anche una grande eleganza e morbidezza. Tra le aziende campane in crescita costante, Vini della Sibilla ha presentato il suo Cruna Delago bianco, una fresca falanghina dalla vivace tinta giallo paglierino con riflessi verdolini, profumi floreali di ginestra e macchia mediterranea, dal gusto piacevolmente morbido ed equilibrato. Sempre in Campania, rappresenta una piacevolissima conferma Casparriello, che ha portato in degustazione il suo Taurasi docg 2000, un imponente vino da aglianico in purezza, dai sentori avvolgenti di spezie, prugna matura e viola e dall'ottimo equilibrio di bocca.
E' riuscita poi a sorprenderci per l'ennesima volta l'ischitana Casa d'Ambra, una delle più blasonate e antiche aziende vitivinicole di tutto il Meridione, capace di resuscitare la più…"fresca" memoria che i nostri sensi possano ricordare grazie al bianco Euposìa: questo vino di grande finezza ed eleganza, prodotto con uve forastera in purezza, è un esempio di fusione di note minerali e di acidità, quanto di meglio si possa chiedere ad un bianco del mare del Sud.
Per concludere il breve excursus tra i padroni di casa citiamo i Viticoltori del Casavecchia, un'azienda che sta svolgendo un immane lavoro per il recupero e la conservazione di un vitigno peraltro difficile e un po' scontroso, com'è appunto l'omonimo casavecchia: questo vitigno ha grappoli assai spargoli e molti soci della cooperativa, che spesso non posseggono più di duemila metri quadri di vigna, ancor oggi si ostinano a coltivarlo ad alberello. Il vino che ci hanno offerto, il Corte Rosa 2003, si è rivelato di un colore rosso rubino di bella intensità, con bei sentori di sottobosco, ciliegia, erba e spezie. Piacevolmente tannico, regala alla bocca sensazioni anche morbide e calde; lungo e piacevole il finale in cui tornano decise le note floreali e di frutti di bosco.
Curiosando tra le altre regioni, abbiamo avuto modo di ritrovare anche alcuni grandi bianchi friulani, come il Ribolla Gialla 2004 dell'Azienda Agricola La Tunella, o come il Verduzzo 2004 di Giorgio Colutta.
Tra i piemontesi ci hanno impressionato (mai espressione fu più appropriata!!) il Barolo Vigna Gattera 2001 di Gianfranco Bovio, fantastico al naso, asciutto e morbido al tempo stesso alla bocca, e il Sarmassa 2001 dei Marchesi di Barolo, naso ampio e bocca eccezionalmente piena e lunga, fine ed elegante.
Nell'area dedicata ai prodotti toscani abbiamo ritrovato anche Basile, con il suo Comandante che, oramai cresciuto, è anche entrato a far parte della DOC Montecucco: enorme il potenziale del 2004, deve probabilmente spogliarsi ancora dell'abito - colore, tannini e acidità complessiva - da vino giovane. Grandi potenzialità anche per i vicini di casa di Bolgheri dell'azienda Fornacelle, anche se questo Zizzolo 2004 è ancora un po' troppo aspro al naso. Discorso a parte per il vino portato in degustazione dalla Tenuta Il Corno: questo "signor X" (il vino è stato portato volutamente anonimo, ma non ci sorprenderebbe se si trattasse de Il Castello), da uve sangiovese e colorino, regala un gran bel naso fruttato e sapori pieni e consistenti, anche se un po' aggressivi alla bocca, in cui tornano nel finale i sentori della frutta matura e dolce. La grande eleganza, finezza ed equilibrio sono le eccellenti caratteristiche di un gran bel toscano: il Chianti Classico Riserva 2002 Le Baroncole di casa San Giusto a Rentennano.
E, in conclusione, si consenta al cronista-degustatore di eleggere il suo preferito. Senza esitazioni la scelta di oggi ricade su Fonte del Re, il Lacrima di Morro d'Alba di Umani Ronchi: il bouquet è ampio e variegato, di eccezionale persistenza, dagli intensi aromi fruttati, tra cui spiccano confetture di ribes e di more, sentori floreali di viola e di rosa purpurea. Alla bocca, calda e potente, è pieno e rotondo, elegante e fruttato: non ci sono davvero lodi che possano bastare a definire questo vino.
Fonte news: TigullioVino.it
Napoletano, 48 anni nel 2007, studi scientifici prima, di giurisprudenza poi. Il lavoro, ormai quasi trentennale, di funzionario amministrativo e...
ArchivioOVERTIME FESTIVAL 2020: DEGUSTAZIONI GRATUITE DI VINI AZIENDA NEVIO SCALA
il 03.10.2020 alle 13:04
4 Ristoranti Borghese, domani si va sul Conero
il 13.05.2020 alle 08:28
A cena con il Drago della Focaccia !
il 24.03.2020 alle 22:41
A cena con il Drago della Focaccia !
il 24.03.2020 alle 22:41
A cena con il Drago della Focaccia !
il 20.02.2020 alle 20:41