Mi sia concessa la premessa. Solitamente, mi piace raccontare soprattutto il vino e, solo di rado, avverto la necessità di soffermarmi più di tanto - come voglio fare adesso a proposito della rassegna che ha avuto luogo a Taurasi dal 21 al 23 gennaio scorsi - anche sulle scelte organizzative, sugli schemi e sulla metodologia utilizzati per offrire una degna ribalta al vino di turno. L’Anteprima Taurasi, sin dalla prima edizione, ha avuto luogo a dicembre, con largo anticipo rispetto alle altre rassegne similari tutte concentrate tra febbraio e marzo, e anche grazie a questa scelta ha sempre potuto contare sulla giusta attenzione da parte della stampa e degli operatori del settore.
Ebbene, dopo due anni in cui la rassegna, anziché essere una vera anteprima aveva finito per diventare, a marzo o addirittura a maggio, soltanto una postfazione in retrospettiva di vini già ampiamente conosciuti e commercializzati, quest’anno finalmente si è tornato ad anticipare il periodo di svolgimento dell’evento, portandolo, appunto, in quel di gennaio. E va bene, va benissimo, perché questa è la collocazione temporale ottimale della manifestazione che, pur omettendo nella definizione il termine “anteprima”, è in sostanza l’unico vero erede della migliore Anteprima Taurasi.
E va benissimo anche il nuovo sistema di giudizio in ventesimi dell’annata che ha deciso di integrare la valutazione tecnica da parte di enologi ed agronomi operanti sul territorio su aspetti dell’andamento climatico, vendemmiale e sui dati fito-colturali delle uve, con il giudizio di esperti degustatori, ai quali è stato attribuito il compito di giudicare esclusivamente il prodotto finale, il vino nel bicchiere. E, per la cronaca, il giudizio complessivo delle due commissioni sull’annata 2007 ha portato ad una valutazione di 16/20, annata “ottima”.
Quel che invece lascia veramente perplessi è l’assenza di ogni partecipazione pubblica, proprio quell’interlocutore pubblico che aveva deciso in questi due anni per l’inopportuna formula con giudizio affidato ad una commissione precostituita - un giudizio che a molti è giustamente sembrato apoditticamente calato dall’alto -, e lo stesso interlocutore che aveva addirittura imposto, per problemi finanziari, l’infelice spostamento di data dell’Anteprima.
Personalmente, ritengo che la logica di cercare, credere o anche solo sperare sempre nel (solo) sostegno delle pubbliche finanze, sia un atteggiamento aberrante, assolutamente da accantonare, da dimenticare in ogni caso e non solo nel contingente momento di crisi economica. Ma, per converso, credo che gli enti pubblici, e fra questi in particolar modo la Regione e le agenzie camerali di sviluppo, abbiano comunque il sacrosanto dovere istituzionale di sostenere gli eventi maggiori, quelli più importanti e rappresentativi del territorio, quelli che offrono vetrine dei prodotti d’eccellenza del comparto. E il Taurasi non è solo un vino d’eccellenza, il Taurasi è l’emblema stesso del vino della regione, è l’orgoglio dell’enologia campana! A maggior ragione il plauso di tutti deve andare, quindi, alla maturità ed alla presa di coscienza dei 33 produttori che hanno voluto l’evento assieme all’agenzia di comunicazione Miriade & Partners – un nome dietro al quale si cela il lavoro instancabile del duo De Cristofaro/Del Franco-, grazie solo ai quali e, come dicevamo, senza alcuna sovvenzione pubblica, oggi è possibile dire: bentornata Anteprima!
Luci e ombre sul Taurasi 2007: bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno?
La nuova formula di valutazione, come detto, si avvale di un duplice parere. Il primo giudizio, fornito da una commissione di enologi ed agronomi il giovedì 20 gennaio, ha messo in luce come l’andamento climatico della stagione 2007, lievemente anticipata perché calda e asciutta, ma con ottime escursioni termiche, abbia creato eccellenti precondizioni di vendemmia; il riscontro oggettivo sui dati colturali ed enologici nel 2007 confermò tali premesse e le uve arrivarono in cantina, nella generalità dei casi, sostanzialmente sane e in perfetta maturazione zuccherina e fenolica. Il giudizio di tale commissione ha espresso una valutazione, su 10 punti a disposizione, di 9 su 10.
Il secondo giudizio, affidato ad esperti degustatori e giornalisti di settore, prescindendo totalmente da tali valutazioni, si è basato esclusivamente sui risultati della degustazione tecnica di sabato 22 gennaio, nel corso della quale sono stati esaminati 28 campioni di Taurasi 2007, di cui 7 campioni di botte, oltre ad altri 22 esemplari di vino a base aglianico, tra vini di annate più recenti o Riserve di Taurasi degli anni 2003-2006. Il punteggio di tale commissione, ricavato dalla media dei pareri espressi dai 50 degustatori presenti, è stato pari a 7 punti su 10.
Ed è su questo aspetto, su questa differente valutazione, che si è focalizzata l’attenzione di produttori, enologi e giornalisti presenti alla convention pomeridiana del 22 gennaio: se erano così buone le premesse di un’annata fortunata, irripetibile per certi versi, cosa non ha funzionato o cosa è venuto a mancare per ottenere anche vini eccellenti da tale annata? Le possibili risposte, come sempre, sono state tante e diverse, ma tutte, grosso modo, possono essere ricondotte a due teorie.
Secondo la prima il difetto più evidente sta nell’incapacità di esprimere vere punte di eccellenza, che facciano da traino al resto della produzione. Secondo questa teoria, la qualità è ormai raggiunta, manca però una linea comune di espressione, un elemento territoriale che si traduca nella “riconoscibilità come elemento aggiuntivo della qualità” (Fabio Pracchia). Facendo leva su rilievi simili, c’è chi sostiene che “la buona qualità media, senza veri picchi di eccellenza, sconfina nel buono ma banale” (Gianni Fabrizio). E, da qui, il passo è stato breve, da parte di alcuni partecipanti al dibattito, per poi poter arrivare a rimarcare “l’assenza di una suddivisione in sottozone”, che forse potrebbero aiutare all’identificazione degli areali più vocati del Taurasi e ad un rafforzamento dell’immagine e della riconoscibilità del brand. A tal riguardo, personalmente ritengo che se suddivisione andava operata, questo dovesse esser fatto già nel ’93, contemporaneamente all’approvazione del disciplinare, e che oggi, che è già difficile identificare il territorio con il suo prodotto, un’eventuale suddivisione potrebbe solo produrre un effetto contrario e disgregante. E’ già abbastanza difficile, per molti, capire di cosa si parla con il solo termine “Taurasi”, figuriamoci con altre definizioni territoriali, come il Taurasi di Montemarano, Castelfranci o Lapio!
Una diversa interpretazione del giudizio fa leva, invece, sulle caratteristiche dell’annata e sulle prospettive di futuro miglioramento dei prodotti: “quel che sorprende, nell’annata 2007 è la buona conservazione delle acidità e il non eccesso di alcool, nonostante le temperature elevate, la poca acqua e l’anticipo vendemmiale” (Antonio Di Gruttola, enologo e produttore). Anch’io, pur ritrovandomi perfettamente con i punteggi attribuiti, credo che l’annata 2007 sia suscettibile di sensibili miglioramenti col tempo: anche se dal punto di vista olfattivo i vini di quest’annata, non particolarmente ampi ed eleganti, sono per lo più risolti – ho anche definito i vini di quest’annata “a doppia velocità”, una per il naso ed una per la bocca – invece sicuramente hanno ancora davanti ampi margini per l’evoluzione dell’espressione gustativa, che oggi presenta vini con qualche crudezza ma con grandi strutture e corredi ricchi di acidità e tannini.
La degustazione, sorprese e conferme
Sembra facile da dirsi, ma al gusto non si comanda e, anche alla cieca, i “soliti noti” sanno farsi rispettare.
Napoletano, 48 anni nel 2007, studi scientifici prima, di giurisprudenza poi. Il lavoro, ormai quasi trentennale, di funzionario amministrativo e...
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