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Il maiale nella storia, da Omero a oggi, più o meno, di Pier Luigi Nanni

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Il maiale nella storia, da Omero a oggi, più o meno

di Pier Luigi Nanni

Il maiale ha accompagnato l’uomo fin dai tempi antichi, in quanto è sempre stato inserito nella sua evoluzione. È importante ricordare che quando si parla del rapporto uomo-animale, si è immancabilmente portati a pensare, e quindi ritenere, che sia stato il primo ad aver selezionato la razza animale, anche se in realtà è più corretto evidenziare di “co-evoluzione”, cioè un’interazione a doppio senso in quanto è pienamente asserito che gli animali hanno favorito, nello sviluppo della scala evolutiva, quei soggetti umani più inclini ad instaurare uno stretto e vincolante rapporto con loro.

Analizzando a fondo la storia di questo intrinseco rapporto che ormai dura da innumerevoli secoli, si noti come il suino - dal sostantivo latino SUS - ha visto trasformare il proprio ruolo di conseguenza dell’evoluzione culturale ed economico che si è immancabilmente verificata nella società umana: da sempre, però, il maiale ha assunto ampi significati simbolici, spesso contradditori che parzialmente continuano a perdurare ancora oggi.

La storia del maiale e dell’avventura affianco all’uomo inizia in un’epoca remota quale la “rivoluzione neolitica” caratterizzata dal deciso e repentino cambiamento da parte di alcune popolazioni, dalla caccia e dalla raccolta spontanea dei prodotti, ad un sistema di vita più sedentaria basato sull’agricoltura e l’allevamento di quegli animali considerati domestici. Il periodo storico, che si colloca tra il 4500 ed 5000 a. C. in Cina, pone in evidenza il maiale come precursore dell’allevamento rurale addomesticato della preistoria stessa, ma accreditati storici collocano nel territorio che parte dalle coste più orientali del Mediterraneo e passando attraverso la Mesopotamia, raggiunge il golfo Persico.

Si è puntualmente verificato che a seguito di scavi, numerosi ritrovamenti di reperti che indicano inequivocabilmente che già nel 3500 a. C. esistevano maiali domestici con marcate e decise caratteristiche morfologiche distinte dagli animali selvatici presenti in questa area, provenienti da selezioni iniziate molto tempo addietro.

In Europa e sia in Cina che in India, sono stati trovati resti fossili che risalgono al periodo che inizia dal miocene a terziario superiore. In tempo più recenti, apparentemente!, siamo tra il 2000 ed il 3000 a. C., così pure in Europa, precisamente in Svizzera, si sono trovati fossili nelle palafitte, mentre in Italia, in pieno periodo etrusco, in provincia di Siena a monte Catona, nelle Marche nella grotta del Grano, nella torbiera dl Lonato nel mantovano ed in Sicilia, sono venuti alla luce abbondanti resti fossili che tolgono ogni dubbio del fatto che il maiale fosse allevato.

Anche al tempo della XVIII^ e XIX^ dinastia dell’antico Egitto, il maiale è raffigurato come simbolo della siccità, del tifone ed in tutto ciò che era considerato “male”, mentre in alcuni monumenti sepolcrali e sui sarcofagi della XX^ dinastia siti a Gournach, i demoni sono rappresentati come dei maiali domestici.

Negli scritti di Erodoto, è riportato che gli egiziani mangiavano carne di suino solo una volta all’anno in corrispondenza del plenilunio che coincideva con le feste di Osiride ed Iside, dopo averne bruciato coda, milza ed il grasso del ventre. Ai guardiani dei porci erano assolutamente vietati i luoghi sacri. Il popolo però, ne faceva ugualmente utilizzo, in quanto si sono trovate ossa nel delta del Nilo e persino sotto gli obelischi di Elaiopoli. I vari popoli del medio oriente, ne avevano un rapporto alquanto contradditorio: gli arabi ne disprezzano la carne, gli ebrei lo consideravano un animale immondo, mentre assiri e babilonesi lo tenevano in gran conto.

I primi nuclei di pastori ed agricoltori sono comparsi nella zona della Mesopotamia, circa 10.000 anni fa, diffondendosi successivamente il tutto il territorio circostante per giungere fino all’Europa. A causa dell’elevata salinità dei terreni, la produzione dei cereali, in quanto principale fonte di cibo per la specie umana e l’allevamento dei suini, si ridusse gradualmente d’importanza anche a causa del fatto che il maiale si presta meno agli spostamenti rispetto a capre e pecore, rendendo difficili i trasferimenti da un bosco all’altro alla ricerca di cibo sulle lunghe distanze. Ne conseguì che nella zona mediorientale si sviluppò maggiormente l’allevamento ovino-caprino, mentre quello relativo al maiale si intensificò sempre più nell’Europa centro-settentrionale dove prosperavano immense foreste e succulenti querce!

Dalla Mesopotamia l’allevamento del maiale anche in Italia, dove la presenza e l’abbondanza del suino è testimoniata dai numerosi reperti storici riportati nel trattato “Gli animali da mensa” di Giovenale in quanto riferisce che ogni anno ne venivano spediti dall’Etruria a Roma non meno di 20.000 per trasformarli in prosciutti che erano la base dell’alimentazione di facchini, gladiatori e dei soldati delle legioni. Nel mondo classico il maiale ha diversi significati sia religiosi che metaforici: nella Grecia antica il maiale veniva sacrificato ed offerto a Demetria, dea della fertilità, ma contemporaneamente era utilizzato come metafora di una persona molto ottusa, con scarsa sensibilità ed alquanto presuntuosa, poichè pretendeva di insegnare a chi era molto più esperto e saggio di lui come si deduce dall’espressione “ … che il maiale insegna ad Atena”, la dea patrona di tutte le arti.

Anche Omero, nei suoi capolavori dell’Iliade e dell’Odissea, riporta numerosi riferimenti sui maiali: durante il decennale assedio a Troia, Tiresia consiglia ad Ulisse di sacrificare a Nettuno in quanto considerato avverso alla guerra, un verro, un montone ed un toro. La maga circe trasforma i compagni di Ulisse in maiali e quando finalmente arriva ad Itaca dopo oltre venti anni di allontanamento, la prima persona che incontra è Eumeo, il guardiano dei porci.

Durante i giochi Olimpici, i lottatori giuravano a Zeus su un maiale sacrificato. I cretesi ritenevano il maiale un animale divino, in quanto la tradizione riportava che avesse allattato Giove. Scacciato da Laomedonte, Polidoro, re dei frigi, si ritirò sull’isola di Tenedo e grazie alle sue costante preghiere, le formiche si trasformarono in maiali.

Anche nella bibbia si ritrovano varie annotazioni riferite al maiale: “Il porco ha fesso lo zoccolo, ma non rumina. Non mangiate del porco le carni, perché è immondo”. Grazie a tale proibizione, il popolo d’Israele evitò per anni il diffondersi di trichina e tenia, malattie parassitarie dovute al maiale, mentre altri popoli dell’epoca ne erano colpiti. Nonostante tutti questi divieti, gli ebrei allevavano il maiale per uso commerciale, in quanto in Giudea vi erano numerosi e notevoli allevamenti di suini in greggi, come citato nella parabola del “figliuol prodigo” del Vangelo.

Presso i romani, nelle campagne era sovente praticato il “suovetaurilia”, sacrificio a scopo di purificazione, di un maiale, una pecora ed un toro: i tre animali venivano condotti con una solenne processione al luogo che si doveva purificare e poi uccisi secondo le sacre prescrizioni.

Greci, etruschi e romani, che ne apprezzavano le succulenti caratteristiche culinarie, lo ritenevano simbolo di forza. A Roma, nell’arco di Tito, è scolpita la scrofa che con la nidiata era il simbolo delle legioni e così pure fino al tempo di Mario, I° sec. a.C., il verro fu l’emblema di valorose legioni. Anche nell’Eneide di Virgilio, si fanno riferimenti ai suini che sono animali amati dagli dei ed ottimi per sacrifici: inoltre si riporta un fatto straordinario. Quando Enea, in fuga da Troia, sbarcò sul litorale italico, seguì una scrofa bianca con trenta porcellini che gli indicò dove fondare la futura città di Alba Longa.

Greci e romani utilizzavano la salagione e l’affumicamento per la conservazione delle carni di maiale. I romani sono i primi ad utilizzare gli insaccati, in quanto dopo aver conquistato la Lucania, trovano un salume chiamato “lucanica” e da allora ne fecero un ingente utilizzo. Lo storico greco Polibio, riferisce che in Maremma le mandrie di suini erano alquanto numerose e frequenti e che i porcari etruschi le guidavano suonando la buccina.

I romani erano grandi consumatori di carne di maiale, come è riportato nel trattato di cucina “De Re Coquinaria” di Apicio, in quanto le ricette a base di carne di maiale sono nettamente prevalenti rispetto a quelle di altri animali. Data la gustosità e piacevolezza di queste saporite carni, l’autore suggerisce “… per conservare le cotenne di maiale o di bue e gli zampetti cotti, immergerli fino a coprirli, nella senape fatta con aceto, sale e miele e quando vorrai li potrai usare: rimarrai meravigliato ed estasiato dalla raffinata bontà!”

Altri autorevoli scrittori come Columella, Catone e Varrone, descrivono sia le corrette attività da tenere per un ottimale allevamento, le modalità per ottenere e conservare perfettamente le varie tipologie di carni che si hanno dal maiale. Varrone è il primo autore che descrive correttamente l’impasto di un salume, precisamente della salsiccia prodotta in Lucania, appunto la “lucanica”, elencando tutti i termini utilizzati per descrivere il suino:

assum - arrosto;
botularius - salsicciaio;
caro, carnis, totulacum - salame,
delici - maialini;
farcimuna - insaccato;
farticulum - salsicciotto;
fartura - insaccamento;
fondus - salsiccia insaccata in intestino cieco;
insecta - carne tagliuzzata;
insicia - salsiccia;
nefrendes - animali alquanto magri;
offula - bocconcino o piccolo pezzo di polpa di maiale;
perna o petasio - prosciutto;
porcinarius - salumiere;
porculatio - lattonzoli;
porculatores - allevatore dei porci;
prosicium - frattaglia;
suarius - allevatore e commerciante di suini;
succina - carne di maiale salata;
sueiris - braciola;
suila - carne di maiale;
ventresca falisca - salsiccia fatta dalle popolazioni dei Fallisci.

Plinio il Vecchio, I° sec. d.C., racconta che si conoscevano ben cinquanta differenti modi per preparare le carni del maiale. Anche Petronio, nei racconti delle cene a casa di Trimalcione, si riporta che i romani impazzivano per il piatto prelibato di “PORCUS TROJANUS”, che consisteva in un maialetto ripieno di uccelletti, verdure, salse varie e formaggio fuso: una bomba di gustosità, grassezza e calorie!

Dopo la caduta del Sacro Romano Impero d’Occidente - 476 d.C. - e la conseguente conquista da parte delle popolazioni straniere, i cosiddetti “barbari” di oltralpe, si verificò una radicale e marcata trasformazione sia nel paesaggio che nell’assetto economico dell’Italia, poichè durante la dominazione romana l’ambiente era prevalentemente agricolo e molto curato sia nell’aspetto produttivo che dell’immagine, per cui sempre più progressivamente l’agricoltura regredisce lasciando spazio ad ampie aree incolte, alle selve, boscaglie ed alle paludi, passando così ad una coltura del tipo silvo-pastorale.

Nel periodo medioevale e fino al XVIII° sec. i suini erano allevati erano allevati allo stato brado nei boschi di querce e castagni: purtroppo si trattava di animali magri e dalle lunghe zampe, di pelle scura, rossastra o nera con setole dritte e lunghe sulla schiena. Inoltre, la vita era di 2/3 anni e generalmente non superavano i 70/80 kg. in quanto si nutrivano di ghiande pascolando nei boschi ed accuditi dal porcaro che doveva pagare al proprietario del terreno o del pascolo, generalmente il nobile locale o ad un monaco esattore, “villicus o major” il “ghiandatico”, che in buone annate poteva rendere fino al 10% del branco pascolante. Nell’editto di Rotari del 643 d.C. si riporta che il porcaro valeva più di ogni altro gestore di animali: “… se qualcuno avrà ucciso un porcaro altrui, paghi soldi 50, mentre per quanto riguarda uno dei sottoposti si paghino soldi 25. Per l’uccisione di un pecoraio, capraio o bovaro, si paghino soldi 20 se è il capo”. Anche le foreste erano classificate in base alla destinazione d’uso: legno, allevamento, pascolo o inutilizzata, per se denominata “fructosa” si intendeva quella ricca di querce, in quanto il valore era maggiore tanti più maiali poteva ospitare a pascolo ed ingrassare.

Come si è potuto notare, il maiale ha seguito di pari passo tutte, o quasi, le evoluzioni della società umana in quanto ha visto modificare il proprio sistema di vita passando dal pascolo brado all’allevamento confinato all’interno del podere, dove si nutre principalmente di scarti dell’alimentazione umana, e ne consegue che da attivo a completamente inattivo, poiché anche le ghiande gli vengono procurate dal padrone. Dal 1700 in poi, si può definire che l’allevamento è diventato totalmente circoscritto e ne consegue che il maiale cambia il proprio ruolo all’interno della società. Tale cambiamento è dovuto anche in parte al modesto incremento demografico, conseguente alla quasi scomparsa di epidemie come la peste, ed in parte all’impoverimento dei boschi fino ad allora troppo sfruttati, e non solo dall’allevamento allo stato brado del maiale.

Il ruolo delle carni suine era essenzialmente economico: ricche di nutrimenti e molto grasse non necessitano di particolari condimenti come le spezie, che di norma mancavano sulle tavole dei poveri. Inoltre, è una carne particolarmente adatta alla trasformazione, importante fattore in un periodo in cui la catena del freddo non esisteva ancora. Altro fattore importante, è che del maiale non si butta via niente aspetto da non sottovalutare, date le estreme condizioni di povertà in cui viveva la stragrande maggioranza delle popolazioni di allora. Ad ulteriore conferma del ruolo sociale del maiale nella vita rurale, è sufficiente pensare che ancora oggi in occasioni di manifestazioni paesane o per festeggiare particolari eventi, si consuma la carne fresca di suino o conservata come salume, nonostante che le nostre abitudini a tavola si siano fortemente modificate ed il rapporto con la terra più così strettamente necessario.

A seguito di quest’ultimo aspetta della società moderna, nella seconda metà del secolo scorso ha condotto all’inevitabile “crisi del maiale” in quanto questo gustoso animale è stato erroneamente considerato un fatale nemico per la salute dell’uomo. Fortunatamente in questi ultimi anni, stiamo assistendo ad un netta e decisa inversione di tendenza anche grazie alla ricerca scientifica la quale ha dimostrato che la carne di maiale è sicuramente uno degli alimenti più digeribili e completi di cui l’uomo può cibarsi. La carne del suino ha un contenuto sei volte maggiore di quello che si trova nel pesce di tiamina, vitamina del gruppo B, che la si immagazzina scarsamente nel nostro organismo, la cui carenza crea gravi problemi metabolici e nervosi.

Fino alla metà del 1800, in Italia erano presenti quasi esclusivamente razze autoctone dovute ad incroci locali con verri di razza inglese importati dopo l’unità d’Italia, mentre nel periodo dopo la prima guerra mondiale le razze conosciute ed allevate erano:

- Campania - casertana;
- Emilia Romagna - reggiana, modenese, bolognese, mora romagnola;
- Lazio - maremmana;
- Lombardia - lombarda o milanese nella varietà lodigiana;
- Piemonte - cavour, garlasco;
- Puglia/Sicilia - mora;
- Sardegna - sarda;
- Toscana - cinta senese, cappuccia, maremmana;
- Triveneto/Friuli V.G. - friulana;
- Umbria/Marche/Abruzzo - razze ottenute da incroci vari.

Nella maggior parte di tali razze possedevano un mantello grigio-rossastro o addirittura nero ed allevati fino ad ottenere il peso dai 200 ai 300 kg.: tale indirizzo di allevamento è rimasto in auge fino verso gli anni ’50 del secolo scorso.
I precursori per il miglioramento delle razze è iniziato nel 1836, da parte di Cavour, che importò dalla Gran Bretagna verri delle razze berkshire e yorkshire, creando così una razza piemontese omonima.

Nel 1854 Antonio Zanelli dell’Istituto Zootecnico di Reggio Emilia, importò, oltre alla già nota ed allevata yorkshire, verri di large white. Verso la fine del XIX° sec. il marchese Stanga di Crotta d’Adda, diede un notevole e sostanziale contributo al miglioramento genetico delle razze suine, prima importando dalla Gran Bretagna verri di large black e poi dagli Stati Uniti razze di hamshire e chester white.

Dagli anni 1950 e ’60 gli allevamenti dei suini sono passati dallo stato artigianale a quello prettamente industriale. Dal 1968 sono stati stilati i libri genealogici dei suini, inizialmente per le razze large white e landrace e successivamente per le duroc petrain; inoltre si è sviluppata un’interessante linea genetica di ibridi i quali hanno sviluppato al massimo possibile le cosce.

Attualmente l’Italia ha raggiunto tecniche di produzione e qualità delle carni veramente avanzate e pregiatissime, assicurando così la massima sicurezza igienico-sanitaria: i 10 mln di capi allevati coprono solo 65/70% del fabbisogno richiesto.

Per la produzione di salumi tipici sono state recuperate varie razze autoctone, in cui le pregiate caratteristiche etniche dei progenitori etruschi ed italici si sono conservate e trasmesse a razze locali quali la mora romagnola, cinta senese, cappuccia e nero friulano.

Le parti anatomiche del suino sono così distinte:

- 1 Testa
- 2 Guanciale o Gola
- 3 - Lardo
- 4 - Coppa o Capocollo
- 5 - Lombo o Lonza
- 6 - Costine o Petto
- 7 - Spalla
- 8 - Zampino o Stinco
- 9 - Pancetta
- 10 - Filetto
- 11 - Culatello o Scanello
- 12 - Coscia o Prosciutto

L’allevamento suinicolo in Italia è un programma più che mai vivo, attivo e variegato in quanto gli stessi allevatori prestano la massima attenzione alla produzione di carni magre richieste con un basso contenuto di colesterolo. Inoltre, anche chi produce insaccati, sia crudi che cotti, è sempre più attento alla percentuale di grasso contenuto.

Ulteriore aspetto importante è l’abbinamento dei salumi con frutta ed il pane, onde trasformare un semplice piatto in un alimento completamente nutrizionale in una dieta ricca e variata.

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