Mi sono occupato in più riprese dei vini di Cantina Giardino e del "progetto enoculturale" (come da lui stesso definito) dell'enologo Antonio Di Gruttola, in quel di Ariano Irpino. Quale migliore occasione di un invito a partecipare ad una degustazione coperta di aglianico organizzata dai protagonisti di questa incredibile cantina-garage per approfondire il discorso. Arrivato con largo anticipo, prima di prendere parte alla degustazione mi sono lasciato guidare da Antonio e dalla simpaticissima Daniela attraverso serbatoi in acciaio, tonneux e barriques, dove riposano i vini ancora in affinamento. Il volto di Daniela, ogni volta, che descrive i particolari del loro progetto si illumina, gli occhi le brillano, eppure, penso sempre a quante volte abbia già raccontato quella stessa storia e quante volte ancora si ritroverà a farlo.
Una carica di entusiasmo inesauribile che attarversa, a dir il vero, un po' tutti i soci della cantina e che travolge e contagia, senza mezzi termini, quando si viene in contatto. Il progetto continua ad avere come obbiettivo, principale, quello di valorizzare i vitigni autoctoni ed, in particolare, i vini ottenuti da viti di età elevata, oltre i 30 anni. Si vuole in questo modo salvaguardare la originaria varietà biologica nel vigneto ed incentivare i vignaioli ad evitare l'espianto di vecchie viti. I vini provengono esclusivamente da vigneti lavorati in biologico. In cantina non vengono effettuate nè chiarifiche nè filtrazioni. Il progetto continua a riscuotere un inaspettato successo dal momento che alcuni conferitori di uve hanno deciso di andare avanti da soli e produrre con una propria etichetta.
Se, però, pensate che i soci della Cantina Giardino se la siano presa a male, come ci sarebbe d'aspettarsi, vi sbagliate. Sono, sicuramente, dispiaciuti, ma allo stesso tempo felici di aver incoraggiato questo tipo di attività. Raramente si registra anche qualche "sconfitta". Ad esempio, uno dei conferitori delle uve destinate ai rossi, ha deciso di espiantare. In entrambi i casi nuovi vigneti da "adottare", con caratteristiche analoghe e, se possibile, ancora più interessanti, sono, comunque, stati messi, prontamente, sotto contratto per garantire la continuità della produzione. Ma lasciamo, prima di avviarci alla conclusione, la descrizione del progetto e passiamo ai vini offerti in degustazione cieca che ha visto l'aglianico come protagonista nelle sue diverse espressioni territoriali. Dal Cilento all'Irpinia, dal Taburno al Vulture, con un intruso, uno Chateneuf du Pape di un produttore biodinamico francese, Domaine de La Vielle Julienne, che anche se facilmente individuabile si è rivelato ai più, comunque, molto interessante.
Naturalmente (o forse non è poi così ovvio) tra i vini in degustazione c'erano anche i vini della stessa Cantina Giardino. Ecco la prima grande novità, almeno per me: il confronto, sincero e leale. Non capita tutti i giorni di recarsi in una cantina e degustarne i vini alla cieca insieme ad altri vini ottenuti dallo stesso vitigno e nella stessa annata seppur da terroir diversi e cloni diversi. Un confronto, dunque, reale, un mettersi in discussione, assoluamente, non scontato nei risultati. Imparare "veramente" dalle critiche altrui che diventano, in questo modo, critiche "costruttive" nel senso più autentico del termine. Tra l'altro Cantina Giardino è un "luogo aperto a tutti": ci sono enologi di cantine vicine o che giungono qui fin da altre regioni che seguono gli "esperimenti" di Antonio ed assaggiano con assiduità le sue "creature" nelle varie fasi di affinamento dalle vasche di fermentazione alla bottiglia.
Che bello! Uno scambio di idee che arricchisce chi ospita e chi visita e che dovrebbe rappresentare la strada maestra per lo sviluppo del settore vino, in special modo, nel nostro Meridione dove ancora beceri campanilismi, egoismi, ignoranza e presunzione regnano sovrani. Ma ritorniamo ai risultati della degustazione, che dicevo, per nulla scontati. Una volta, infatti, scoperte le carte ho potuto constatare che alcuni avevano criticato proprio le note di riduzione iniziali dei vini di Cantina Giardino penalizzandoli mentre altri, come me ed altri (forse un pò più abituati a certi vini "diversi", e pazienti nell'ascoltare qualche minuto in più i vini nel bicchiere), ci siamo ritrovati alla fine a segnalarli addirittura tra le proprie preferenze.
Ecco, pertanto, alcune mie considerazioni ed i miei giudizi finali:
I PREFERITI:
NUDE
Cantina Giardino (superata la fase di riduzione iniziale il vino si esprime attraverso un invidiabile caledoscopio di sensazioni)
SALAE DOMINI
Antonio Caggiano (di solito non è una delle mie etichette preferite tra quelle di questa cantina)
DROGONE
Cantine Giardino (riconoscibilissima l'impronta che accomuna i due rossi della cantina ospitante)
ROTONDO
Paternoster (quando assaggio questo vino in degustazione palese sono sempre molto "cattivo" e freddo nei giudizi, c'è sempre tempo per ricredersi, ecco l'importanza di degustare alla cieca)
BUONI:
CENITO
Luigi Maffini
5 QUERCE
Molettieri
POLIPHEMO
Luigi Tecce (l'ex conferitore delle uve destinate, un tempo, al Nude all'esordio)
AGLIANICO d'IRPINIA
Di Prisco
ROSSOCUPO
Manimurci
LE DELUSIONI:
GRAVE MORE
Fontanavecchia (troppo concentrato per i miei gusti)
NAIMA
De Conciliis (una bottiglia non particolarmente fortunata?)
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