Per me che sono nato e cresciuto a Napoli, città letteralmente affacciata sul Vesuvio, e sempre un'emozione poter parlare di vini che nascono sulle falde di un vulcano. Non è però dei vini che nascono alle falde del gigante dormiente che voglio parlare ma di quelli che nascono più a sud, in Sicilia, sull'Etna, un vulcano ancora attivo non solo sulla carta ma anche dal punto di vista "pratico" essendo ancora piuttosto frequenti fenomeni eruttivi di varia entità e natura. Vini sicuramente, almeno per il momento, più interessanti di quelli finora prodotti sul Vesuvio dove solo da pochi anni si è incominciato un vero e proprio cammino verso la qualità.
Non ho avuto modo di assaggiare tutte le aziende che operano nel comprensorio etneo ma ogni volta che me ne è stata data occasione ho cercato di aggiungere un nuovo tassello alla mia "sete" (mai termine fu più azzeccato!) di conoscenza. Più volte è stato scritto che i vini dell'Etna forniscono uno splendido esempio di variabilità enoica ed alcune semplici considerazioni ci spingono a confermare inequivocabilmente la veridicità di tale convinzione.
Innanzitutto la Doc Etna può contare su una incredibile situazione pedoclimatica caratterizzata da un lato da altiutudini elevate (vigneti che in certe zone, come nel comune di Santa Maria di Licodia, superano i 1000 metri) e dall'altro da un clima mediterraneo. La natura di un territorio unico di natura dichiaratamente vulcanica gioca, poi, un ruolo altrettanto determinante sul profilo organolettico dei vini. Siamo, infine, di fronte a vitigni esclusivamente autoctoni che sono il nerello mascalese, il nerello
cappuccio, la minnella, il carricante ed il catarrato (ma ci sarebbe anche la vesparola, una varietà precoce a bacca bianca meno conosciuta).
Le vigne più vocate per il nerello mascalese sono da considerarsi nei comuni di Randazzo e Castiglione di Sicilia a sud, e nei comuni di Viagrande, Zafferana, Santa Venerina e Milo sul versante est. E sempre a Milo si ritiene essere collocata l'area più vocata per il carricante. Nascono qui vini dal carattere unico ed originale. A tal proposito non Vi nascondo di aver provato sempre forti suggestioni, in particolare, nell'assaggiare il nerello dell'Etna con il pensiero che corre spesso al nebbiolo piemontese. L'azienda di riferimento della zona rimane ancora Benanti che produce alcuni vini di straordinaria mineralità e tipicità. Penso, nello specifico, al Pietramarina da uve carricante in purezza e ai monovitigno da uve nerello cappuccio, minnella e nerello mascalese sempre in purezza.
Questi ultimi rossi non sono i vini di punta dell'azienda ma anzi di contro sono quelli, si fa per dire, di "base", quindi anche dal prezzo molto interessante ma ahimè dalle quantità poco accessibili. Per quanto concerne, invece, il Pietramarina ho avuto modo di prendere qualche mese fa parte ad una bellissima verticale dal '90 ad oggi e sono rimasto veramente sorpreso della capacità di questo vino di durare ed evolversi nel tempo. Un bianco dalle caratteristiche spiccatamente minerali, affinato esclusivamente in acciaio e lungamente in bottiglia, che sembra venire dal nord più che dalla calda Sicilia, eccezion fatta forse per il 2000 (oggi commercializzata) che pur esprimendo una sempre notevole vena di freschezza sembra per la prima volta aver subito di più la siccitosa e torrida annata.
Niente male anche il fratellino minore il Bianco di Caselle che seppur di corpo e struttura decisamente inferiori si fa apprezzare per il buon rapporto qualità prezzo mentre di stile e gusto più internazionale, da uve carricante e chardonnay, si ottiene una versione fermentata e maturata in barrique denominata Edelmio. Ci sono, poi, le selezioni più importanti di rossi ottenute dai cru Rovittello e Serra della Contessa entrambi blend di Nerello Cappuccio e Mascalese, entrambi affinati in barriques di rovere francese. La gamma è completata da altri vini prodotti con le uve provenienti da altre aree vocate della Sicilia (Pachino per Il Nero d'Avola e Pantelleria per il Moscato).
Altro produttore molto interessante è il Barone Scamacca del Murgo che produce, nella Tenuta San Michele, sempre sull'Etna, un spumante metodo classico da uve nerello mascalese 100% di invidiabile freschezza aromatica ed in grado di far concorrenza, per personalità e carattere, ad alcuni blanc de noir d'oltralpe. La produzione di questa storica azienda prevede anche un Etna bianco doc, da uve carricante e cataratto, vinificato in acciaio ed un Etna rosso doc, da nerello mascalese e mantellato, maturato in botte. Entrambi i vini si trovano in enoteca a prezzi molto competitivi (sui 6 euro) mentre lo spumante pur costando circa il doppio, considerata l'ottima qualità, rimane comunque un' alternativa valida rispetto alle costose bollicine sia italiane che francesi.
Vini Biondi è, di par suo, un'altra realtà storica del comprensorio etneo che dopo una lunga fase di stallo sta tornano a produrre vini di grande qualità e degni d'attenzione. Come nel caso di Benanti è ancora una volta l'enologo ed agronomo Salvo Foti (tra l'altro produttore in proprio di olio e di vino) a guidare la rinascita di questa cantina. L'architetto Ciro Biondi produce, oggi, un elegante Etna Rosso denominato Outis, frutto, secondo la collaudata ricetta del disciplinare, di uve nerello cappuccio e nerello mascalese. Sempre sull'Etna, poi, Biondi produce un bianco IGT che prevede l'utilizzo di uve carricante, minnella, malvasia, catarrato e moscatello mentre nell'altro rosso aziendale un inaspettato cabernet sauvignon proveniente dal versante est del vulcano viene vinificato sempre come IGT insieme al nero d'Avola di
Pachino. I rossi sono affinati in barriques mentre il bianco vede solo acciaio e bottiglia.
In occasione della prima edizione di Vitigno Italia a Napoli ho, infine, avuto modo di degustare i vini che l'americano Marc De Gracia, sicuramente più noto come importatore che produttore di vini, ha iniziato a vinificare da qualche anno nella Tenuta delle Terre Nere: il Calderara Sottana ed il Vigneto Guardiola. Entrambi i vini nonostante le dosi generose di legno ed una notevolissima concentrazione di materia prima non riescono, comunque, a tradire quella che è la loro matrice vulcanica a dimostrare ancora una volta di più l'unicità e la straordinarietà di questo particolarissimo terroir.
Prima di congedarmi mi scuso nuovamente con le aziende che non ho avuto modo di recensire non avendo avuto ancora occasione di assaggiarne i vini e rimando pertanto all'indirizzo http://www.stradadelvinodelletna.it per chiunque voglia approfondire e conosecre tutte le realtà, non solo vinicole, che sono attive sulle falde del vulcano.
Fabio Cimmino, napoletano, classe 1970. Tutt'oggi residente a Napoli. Sono laureato in economia e da sempre collaboro nell'azienda tessile di...
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