Il Fiano & Music Festival è una manifestazione enogastronomica dove il connubio tra musica e grandi vini irpini ha trovato la massima esaltazione proponendo singolari abbinamenti con i prodotti dolciari locali ricavati dalla nocciola. Durante lo svolgimento di questa brillante rassegna enogastronomia, tenutasi lo scorso 2 & 3 settembre, ad Aiello del Sabato, in provincia di Avellino, si sono anche svolti alcuni interessanti incontri di approfondimento approfittando del contesto incantevole di una villa gentilizia e del suo parco storico. Tra gli appuntamenti in calendario io sono stato invitato, insieme al presidente Ais-Campania Antonio del Franco e al responsabile regionale per il Gambero Rosso, Paolo De Cristofaro, a partecipare ad un momento di riflessione-degustazione sui terroir del Fiano.
Esistono, infatti, anche per il Fiano di Avellino, come ormai ritenuto scontato per quasi tutti i vitigni più nobili che si coltivano su aree più o meno estese del nostro Paese, molteplici "terroir" di elezione con caratteristiche, talvolta, molto diverse tra loro. La loro precisa ed inequivocabile individuazione è ancora al di là da venire ed in questo senso il lavoro svolto, insieme ai colleghi ed amici sopra ricordati, ha una valore del tutto approssimativo ed empirico che definirei "sperimentale". Certo è che le caratteristiche varietali proprie del vitigno si esprimono, nel bicchiere, pur seguendo un comune filo conduttore, con accenti e sfumature che possono essere molto spesso decisamente peculiari a seconda di altimetria, esposizioni e composizione dei terreni.
Le vigne di Montefredane si scoprono così ben diverse da qualle di Lapio che a loro volta si rivelano distinte da quelle di Summonte mentre una quarta area di elezione può considerarsi quella di Cesinali. Tutte location, in definitiva, della "Bassa Irpinia" essendo l'Aglianico il protagonista quasi assoluto ed esclusivo nella parte più elevata, almeno fin dove è possibile coltivare la vite. La degustazione, preceduta da un serata, ancora più interessante (di cui potrete leggere il resoconto completo sul sito www.enodelirio.it), dedicata alla selezione dei campioni da proporre all'incontro con il pubblico, si è rivelata un occasione unica per poter meglio conoscere quella diversità espressiva che il Fiano di Avellino mostra attraverso un'interpretazione squisitamente territoriale.
Le implicazioni di uno studio di questo genere non sono naturalmente solo ed esclusivamente di natura scientifico-conoscitiva ma diventano sempre più pressanti nell'ottica di dover affrontare la competizione dei mercati globali. Se infatti il motore che anima altri settori, come la moda oppure l'elettronica, è rappresentato da una continua spinta all'innovazione ed affidato alla creatività spesso dei singoli (elementi che richiedono il più delle volte forti investimenti iniziali salvo divenire successivamente riproducibili nel medio periodo a costi irrisori nei paesi a basso costo di manodopera) il vino può godere, invece, di questo suo fattore unico, originale ed irriproducibile (a costo zero fra l'altro) rappresentato dal terroir. Attenzione dunque alle tecniche di cantina troppo spinte che tendo ad omologare, standardizzare e da appiattire i vini sul modello del Nuovo Mondo.
La vera concorrenza, in questo momento, per il Fiano Irpino prima ancora che dalla risibile Cina viene dalla Basilicata, dalla Puglia e dalla Sicilia e da altre zone della Campania stessa dove da uve Fiano già si producono vini apprezzati, conosciuti e premiati. Il passo successivo deve essere, dunque, una vera e propria zonazione attraverso la quale valorizzare ed esaltare le differenze dei singoli terroir trasformandosi nell'arma competitiva decisiva e determinante per poter attuare politiche mirate e di successo di marketing territoriale.
Lapio: Bisogna distinguere tra due diversi versanti di quello che può, a giusto titolo, considerarsi il cuore storico della denominazione. Qui si ottengo vini ricchi di struttura in gradi di esprimere doti non comuni di acidità e mineralià. La spiccata connotazione aromatica, poi, fa sì che i fiano ottenuti in queste zone assomiglino non di rado a veri e propri vini di montagna. Il campione scelto per rappresentare questo areale è stato il Fiano d'Avellino 2004 di Terredora: il naso è intriso di una nota fumè leggermente disturbata da cenni di riduzione abbastanza evidenti, al palato si avvertono una morbidezza ed una rotondità ben sostenute dall'acidità citrina, il finale riassume questa sua anima duale dimostrando il maggior equilibrio già raggiunto rispetto agli altri vini degustati.
Summonte: In questo caso i terreni sono sicuramente più difficili da lavorare. I vini che nascono sono campioni di concentrazione, più spostati sul frutto e meno sul minerale a tal punto dal non essere sempre facilmente e prontamente ricnoscibili come Fiano alla cieca. Vini potenti e dotati, ripeto, di un notevole corredo fruttato. Il Fiano di Avellino 2004 di Guido Marsella è emblematico a riguardo: profumi pieni, esplosivi, frutto più esuberante e centro bocca voluminoso. Forse solo nel finale cede qualcosina dopo aver alimentato aspettatative importanti.
Montefredane: La mia zona preferita. Una zona di confine dal momento che i comuni che immediatamente la circondano sono impegnati e dedicati al Greco di Tufo. Più che una areala ci troviamo di fronte ad una singola collina, un vero e proprio cru per dirla alla francese. Una collina arigllosa e cretosa che esalta le note minerali in una maniera quasi esasperata: toni fumè di tabacco, fumo e pietra focaia caratterizzano vini dalla longevità ormai dimostrata. Il campione selezionato per identificare questo stile di Fiano è stato il 2004 di Pietracupa: dal colore più scarico dei precedenti, finemente floreale , sottilmente minerale, sapido, salato con un acidità spiccata ed un finale di apprezzabile persistenza.
Colli Orientali del Fiano (Cesinali Forino & co.): Spero mi perdonerete questo gioco di parole che richiama ad altre zone ben più settentrionali dello stivale. Eppure questa fascia collinare ad est di Avellino non può facilemnte identificarsi con un solo comune essendo numerosi i centri interessati. Spesso le uve non vengono vinificate in purezza. Le aziende, infatti, che acquistano le uve in zona le assemblano con piccole percenutuali di uve provenienti da Lapio. Qui i terreni sabbiosi regalano le tipiche note di nocciola tostata che richiamano un carattere affumicato di origine non minerale. Solitamente sono vini più pronti nel medio periodo. Non è stato selezionato alcun campione per rappresentare la zona per esigenze pratico-organizzative. Un produttore che può essere, però, considerato un buon punto di riferimento è F.lli Urciuoli con la sua duplice versione: il base e la selzione Faliesi.
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