Mi scuserete se, una volta tanto, sarò di parte nell'affermare che in Italia esistono, sopra tutte, due grandissime uve a bacca nera: il nebbiolo e l'aglianico. Le rispettive denominazioni d'origine, Barolo e Taurasi, rappresentano, da sempre, le vette ed il vanto dell'enologia di casa nostra. L'aglianico trova la sua area di elezione in Alta Irpinia in una manciata di comuni ai confini tra le province di Avellino e Benevento con epicentro a Taurasi , anche se storicamente è il comune di Montemarano a godere, più di ogni altro, di fama incontrastata. Oggi sono oltre 50 le aziende che producono ed imbottigliano Taurasi Docg. Se si pensa che fino a non più di dieci anni fa le aziende impegnate nella produzione di questa denominazione si potevano contare sulle dita di una mano non è difficile immaginare come l'accresciuto numero di produttori se da un lato si è tradotto in una ventata benefica di novità capace di attirare un rinnovato interesse della critica sia italiana che straniera, dall'altro non sempre i i vini si sono rivelati all'altezza della denominazione.
La mia ultima trasferta mi ha portato in quattro cantine emergenti (addirittura una esordiente) che hanno, invece, già dimostrato e stanno dimostrando di avere le carte in regola per rilanciare ed esaltare la qualità e l'immagine del Taurasi. Il Prof. Lugi Moio non ha, di certo, bisogno di presentazioni. Docente di scienza e tecnologia degli aromi presso l'Università di Foggia ha voluto coronare, finalmente, il sogno di una vita. Quintodecimo si trova in quel di Mirabella Eclano e Luigi ha deciso di acquistare pochi ettari impiantati esclusivamente ad aglianico per essere non più solo artefice della cantina bensì vignaiolo in prima persona. I vini sono stati prodotti, ufficialmente (dal momento che un vecchio vigneto, poi reimpiantato, è stato vinificato nel 2001 per una produzione virtuale destinata a pochi amici), a partire dal 2003 seguendo lo schema bordolese di un primo ed un secondo vino. Il primo vino è ovviamente il Taurasi ancora in affinamento in barriques mentre il secondo vino è un IGT il Terre d'Eclano che sarà (dopo la presentazione avvenuta già allo scorso vinitaly) presto commercializzato. In seguito, probabilmente, la vinificazione avverrà per singoli cru. E' prevista anche una produzione bianchista (falanghina, greco e fiano) che sarà, però, ottenuta da uve conferite da contadini selezionati.
Quintodecimo rimarrà, infatti, concentrata e vocata principalmente all'aglianico che sarà sempre e solo quello ottenuto dai vigneti di proprietà: vigneti che Moio ha voluto rigorosamente a vista e raggiungibili a piedi per poter avere un contatto quotidiano con quella materia prima che dovrà essere trasformata, successivamente, in vino. Gli assaggi del Terre d'Eclano 2003 e, in anteprima, di vari campioni di botte destinati sia all'Igt che al Taurasi, 2004 e 2005, hanno mostrato vini potenti e moderni bisognosi di lungo affinamento. A pochi chilometri appena fuori dal centro di Taurasi c'è la cantina di Enza Lonardo, una azienda che ha, fin dal '99, sfornato una serie di prodotti di grandissimo interesse e qualità. Aglianico IGT per la produzione d'annata, Taurasi solo nella annate migliori (ad esempio non è stato prodotto nel 2002) e Riserva di Taurasi solo in quelle ritenute veramente eccezionali (fino adesso 2000 e 2001).
In realtà c'è anche una micro produzione di Grecomusc' da non confondersi come è stato fatto per anni con il Greco di Tufo. Si tratta di un uva autoctona bianca che prende il nome dal fatto che, pur essendo bianca come il Greco (e per questo con esso confusa), i suoi acini tendono ad assumere un aspetto "molle", come appassiti ("musc"), con l'approssimarsi della vendemmia. In realtà i grappoli non appassiscono nel senso tecnico della parola ed il vino che si ottiene è, anzi, decisamente secco. I profumi intensi sembrano un vero e proprio giardino d'agrumi. E l'alcol che viaggia sopra i 13% alcol viene bilanciato incredibilmente dalla notevole acidità (non svolge malolattica nda). Quello che però più colpisce è la mineralità salina palabile al palato che aggiunge quel tocco intrigante di pesrsistenza in più che manca all'olfatto.
Per quanto concerne, invece, i Taurasi, ho trovato incredibilmente fascinoso il '99, così come già pronta e godibile la 2000 nella dublice versione annata e riserva. I 2001 sono, invece, ancora vini giovanissimi e di difficile lettura: la versione d'annata ancora un pò scomposta e sfocata, la versione riserva, pur destinata ad un glorioso futuro, ancora in divenire. Allontanandoci da Taurasi verso Luogosano ci spostiamo a Tenuta Ponte, una cantina nata dal sodalizio di cinque amici produttori di uve ed appassionati di vino. La produzione, anche in questo caso, spazia dai bianchi (falanghina, greco di Tufo, Fiano di Avellino) ai rossi (Aglianico e Taurasi).
Greco di Tufo docg, Fiano d'Avellino docg e Coda di Volpe IGT, sono tutti vini figli dell'annata 2004 e pur non regalando particolari sussulti mostrano una vinificazione corretta, precisa e abbastanza tradizionale dell'uva nonchè rispettosa delle diverse denominazioni. Un menzione speciale merita sicuramente la Coda di Volpe solitamente sacrificata e declassata a partner di comodo negli assemblaggi ed in questo caso valorizzata attraverso una vinificazione in purezza in cui gli sono state riservate le medesime attenzioni dei vitigni maggiori. Sempre molto interessanti le due versioni, sia d'annata che Taurasi, proposte dell'aglianico. Vini caldi, corposi, ricchi di sfumature e senza gli eccessi di concentrazione di altri prodotti. Accorto, pare, in tal senso, l'uso del legno.
Ritornando ad ovest, verso l'autostrada Napoli-Bari, ultima sosta a Santa Paolina comune, per eccellenza, vocato alla produzione di greco. Abbiamo scelto di visitare la Cantina dei Monaci che pur avendo nel Greco di Tufo il vino portabandiera ha una piccola produzione anche di Aglianico e di Taurasi, ottenuta con uve selezionate ed acquistate nell'agro di Montemarano, dove un tempo Mastroberadino vinificava la mitica etichetta bianca ed, oggi, Salvatore Molettieri ha conosciuto, con le sue etichette, un meritatissimo unanime consenso di giudizi ed incontenibile successo. La Cantina dei Monaci rimane una piccola realtà che produce un numero limitato di bottiglie non destinato a crescere. Spicca, ripeto, tra tutti il Greco di Tufo. Ho assaggiato sia il 2003 che il 2004 ed entrambi colpiscono per la coerenza stilistica dell'azienda attenta ad un'interpretazione tradizionale, non invasiva, del vitigno.
I terreni argillosi, solo parzialmente calcarei, e le esposizioni spettacolari di Santa Paolina danno vita a vini dal carattere inconfondibile in grado, se solo la gente sapesse aspettarli, di esprimersi anche sulla distanza mostrando incredibili doti di longevità e capacità di terziarizzazione aromatica.
L'aglianico IGT 2003 sembra aver sofferto maggiormente l'annata calda e mostra un legno leggermente più avvertibile mentre il Taurasi 2001 regala un maggiore equilibrio espressivo pur non rinunciando ad un profilo di potenza e struttura. Il 1999 anche se viziato da segnali iniziali di riduzione e dalla presenza evidente di note animali (cuoio, pelle conciata), si apre lentamente e piacevolmente nel bicchiere con il passar dei minuti, in un tripudio di fiori e spezie, specchio ed alter ego della dimostrazione di potenza data dal 2001. E' tardi, comincia a fare buio, c'è ancora tempo per lanciare uno sguardo giù nelle verdeggianti valli che costeggiano le impervie strade di campagna rubando allo sguardo gli ultimi raggi di sole. L'enoturismo, qui, è solo, appena, iniziato. Eppure se c'è un posto in tutta la Campania, e forse in tutto il meridione, dove più d'ogni altro si può respirare tutta la magia del vino questo rimane, sicuramente,la splendida verde Irpinia.
Fabio Cimmino, napoletano, classe 1970. Tutt'oggi residente a Napoli. Sono laureato in economia e da sempre collaboro nell'azienda tessile di...
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