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Cocaina, un dono del dio sole, di Linda Dell'Amico

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L'alterego del cibo

Cocaina, un dono del dio sole

di Linda Dell'Amico

I pescatori ne legavano una foglia all'amo per assicurare un'ottima pesca, i viaggiatori lasciavano foglie sui cumuli di pietre che indicano la via per assicurarsi un buon ritorno e i minatori di Cerro de Pasco sputavano il bolo che avevano in bocca sui filoni metalliferi particolarmente tenaci nella speranza che questi si ammorbidiscano. Tra gli Indios Cipaya, ogni volta che un indio ritorna nel villaggio dopo una lunga assenza, viene esposto pubblicamente il TITI-MAL'KU: un feticcio formato da un gatto selvatico di color grigio, che e stato impagliato, e che viene posto all'interno della capanna. Il feticcio è ornato con dei nastrini rossi alle orecchie, un sacchetto al collo che contiene della coca e altre sostanze magiche, e accanto ha una scodella piena di sangue e una manciata di foglie di coca. Dopo che un montone bianco è stato disteso di fronte alla capanna, viene asperso di coca e di alcol e si invoca lo spirito del gatto. Il montone viene sgozzato e il sangue asperso tutt'attorno, mentre si brinda allo spirito del gatto perché riceva benignamente il sacrifido del sangue.

La storia della ERYTROXYLON COCA o comunemente cocaina, inizia nel XVI secolo, quando i conquistadores spagnoli, dopo la scoperta delle Americhe, si impadronirono del Perù e dell'immenso impero INCA, notarono che i capi delle tribù indigene godevano del privilegio di poter masticare le foglie di alcune piante, che in quelle regioni crescevano spontaneamente sotto forma di arbusti o di piccoli alberelli sempreverdi.

Le modalità di assunzione della coca variano a seconda delle popolazioni. Tra gli indigeni della Bolivia e del Perù centro - meridionale le foglie venivano masticate dopo aver aggiunto calce, mediante un apposito bastoncino chiamato llipta. In Venezuela, invece, per togliere l'asprezza mescolavano le ceneri di alcune piante o di ossa. Presso altre tribù l'uso della droga rimaneva privilegio della classe sarcedotale e del sesso maschile, anche se in particolari periodi dell'anno era concesso alle donne di assumerla, mentre gli uomini, a scopo propiziatorio, si dedicavano alla filatura della lana.

L'uso della droga era noto non soltanto agli Yunga, ma anche ad altre popolazioni delle zone settentrionali del Sud America. Infatti recenti scoperte archeologiche hanno portato alla luce preziose statuine d'oro appartenenti a questi popoli, che descrivono varie fasi della raccolta e della lavorazione della pianta. Anche se gli Incas non furono i primi ad usare la coca, tuttavia sono responsabili dell'espansione e della regolamentazione dell'uso in tutta l'America del Sud. Arrivati nell' XI secolo sulla costa occidentale del continente, provenienti dalle regioni del nord e forse dalla lontana Asia, si erano insediati prima nella parte settentrionale del Perù e successivamente su tutta la cordigliera delle Ande, ovvero i territori dell'attuale Bolivia, Ecuador, parte della Colombia, Cile e Argentina. Lì hanno assimilato l'uso della coca dalle popolazioni indigene, hanno distrutto cultura e tradizioni locali, creando nuove leggende: la coca era il dono del Dio del Sole. Con questo pretesto inizialmente la coltivazione e l'uso della coca sono stati limitati, sotto rigido controllo, ai Tupac, alla famiglia reale, ad alti dignitari e sacerdoti.

In seguito l'uso si estese a tutta la popolazione, anche se mantenuto sotto stretto controllo, anche perché le piantagioni erano limitate e la produzione non poteva soddisfare la massa. La coca fu così disciplinata da una serie di disposizioni e restrizioni, la prima regolamentazione di una droga.: era permesso consumarla soltanto in occasioni di cerimonie religiose, per finalità terapeutiche, nonché per sedare fame e sete e per consentire lunghe marce e altre attività particolarmente faticose, specialmente se eseguite in altitudine. Una dose di cocaina veniva concessa anche ai vincitori di gare atletiche e a coloro che si erano distinti in particolari cimenti.

La coca non poteva assolutamente essere consumata per scopi voluttuari o inebrianti e il suo uso era vietato a tutti i giovani; la raccolta delle foglie era riservata ai Cocapallac, ragazzi tra i dodici e sedici anni, ed alle donne. La legge prevedeva pene severissime per i trasgressori: chi veniva sorpreso a masticare foglie di coca a scopo voluttuario era condannato a morte per strangolamento o impiccagione. Ciononostante risulta che una parte notevole del raccolto era consumata di nascosto dai contadini.

L'Europa invece conobbe la coca soltanto dopo la caduta dell'impero incaico, è stato Pedro Cieza de Leon, uno spagnolo che aveva partecipato alle campagne di conquista dell'Impero degli Incas, che nella Cronaca del Perù (1550 - 1553) ha descritto diffusamente per primo la pianta della coca e le modalità d'uso, senza peraltro credere agli effetti vantati.

Un americano di Atlanta (Georgia, USA), mise in commercio nel 1885 il "French Wine Coca", una nuova bevanda. Essendo un farmacista, vendeva il suo ritrovato come un rimedio per il mal di testa! Inoltre, ne vantava gli effetti stimolanti in quanto, quale più importante principio attivo, conteneva coca. Nel 1886 eliminò dal prodotto l'alcool, aggiungendo estratto di Noce Kola (che contiene caffeina), oltre a oli di agrumi per migliorare il gusto. Il nome del nuovo prodotto fu Coca-Cola.

Nel 1881 un altro farmacista acquistò tutti i diritti della Coca-Cola e l'anno dopo fondò la società omonima. La produzione continuò fino al 1903, quando, in seguito alle pressioni del governo , la composizione dovette essere modificata, escludendo la cocaina. La coca fa tuttora parte della bevanda, ma è decocainizzata prima del suo impiego da un'industria specializzata sotto controllo del governo federale americano. Gli effetti tonico-nervini da allora sono quindi prodotti dalla caffeina contenuta nella cola.

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Linda Dell'Amico, laureata nel 1999 a Genova in Scienze dell'educazione, con esperienza biennale nel settore psichiatrico. Attualmente Responsabile...

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