Sono ormai anni in cui mi sono abituato a guardare al mondo del vino attraverso i numeri. Poi, nella mia esperienza di consumatore mi confronto con il bicchiere di vino, con il suo prezzo e con quello che mi trasmette. Quando questo succede e’ indubbio il collegamento tra il valore materiale della cosa e le sensazioni che suscita. E allora, un giorno ti capita di scontrarti con un prodotto come il Barbaresco Riserva dei Produttori, un vino sullo scaffale a 25-30 euro, probabilmente nella logica del prezzo sorgente. Ma questo e’ un vino straordinario, questo e’ un vino che nelle buone annate (2001 nel mio caso) e’ capace di emozionare: tabacco, violetta, pelle, anguria e via dicendo, ricordando gli anni ruggenti dei corsi di sommelier. Quanto pagheresti per quell’emozione? Quanto vale l’emozione nel prezzo sorgente? Incalcolabile.
Ti accorgi allora che ci sono alcuni vini che danno molto di piu’ di quello che costano. E’ una battaglia tra il produttore e il consumatore: il produttore deve cercare di massimizzare il prezzo, per avere la giusta remunerazione per il suo lavoro, il consumatore deve cercare di trovare della sacche di inefficienza, i grandi vini che costano come quelli normali. E ci sono. Il problema potrebbe essere che bisogna investire nella risorsa piu’ scarsa (almeno per me): il tempo. Il mio Barbaresco 2001 in realta’ e’ costato di piu’ del costo di acquisto. E’ costato 6 anni di attesa in cantina, l’energia elettrica del condizionatore (1 euro per bottiglia per anno), l’immobilizzo del capitale (30 euro al 3-4% per 5 anni, diciamo un altro 4-5 euro). Quindi immaginiamo che sia costato in tutto 35 euro. Ancora troppo poco.
Allora l’equazione in questo caso e’ determinata dal tempo e dalla ricerca del prodotto giusto. Veniamo quindi allo scontro tra il modo in cui il mercato del vino e’ organizzato e come dovrebbe esserlo se tutti massimizzassero il loro profitto. Oggi tutti cercano di vendere i loro prodotti il prima possibile: il produttore spara fuori le bottiglie appena puo’, il distributore uguale, l’enoteca gia’ fa fatica a vendere, figurarsi se dovesse decidere di nascondere in magazzino una bottiglia per guadagnarci di piu’ l’anno successivo invece di venderla oggi.
Il mondo e’ guidato dalla regola del massimizzare i profitti nel breve termine, lo e’ sempre di piu’. La filiera del vino ha bisogno di minimizzare l’immobilizzo di capitale della sua attivita’. Gli investitori sono terrorizzati dai business che assorbono capitale senza dare un ritorno piu’ che garantito, soprattutto di questi tempi. Le aziende cercano di liberarsi dell’attivita’ vino (Foster’s), altre non ci investono piu’ da anni. Il contenimento del capitale circolante (cioe’ il magazzino e i crediti verso i clienti, al netto di quello che si deve pagare ai fornitori) e’ una regola d’oro di questi tempi, in cui i soldi scarseggiano (eppure non costano niente…). Invece il vino e’ un prodotto che necessiterebbe di tempo, proprio quello che oggi manca. Io conosco pochi produttori che operano in una logica di massimizzare la qualita’ del loro prodotto attraverso il tempo.
Ar.Pe.Pe. e’ per esempio uno di questi, in Valtellina. Io non lo conosco, sono soltanto uno sporadico consumatore grazie a saggi compagni di bevute. Alla faccia del mondo che corre veloce, questa azienda ha in listino i vini degli anni 90. Secondo loro, soltanto ora questi prodotti sono pronti per affrontare la sfida del mercato. Alla faccia dell’immobilizzo del capitale, loro aspettano. Ora hanno in cantina diverse annate ed operano come un qualsiasi produttore che vende il prima possibile: ogni anno hanno un prodotto da vendere: non quello vendibile dall’anno prima, quello vendibile da 5 o 10 anni prima, che hanno aspettato.
E adesso svegliatevi. In Piemonte le cantine sociali del Monferrato sono piene di vino invenduto. Anche loro sono collezionatori di vecchie annate. Purtroppo per altre ragioni.
Analista finanziario dal 1996 e sommelier dal 2001. A settembre 2006 lancia un blog di analisi numeriche relative al vino, I numeri del vino. Il blog...
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Inserito da Luca Risso
il 30 novembre 2010 alle 11:38Quindi la logica di massimizzare i profitti a breve (che ora paga) potrebbe essere rischiosa per intraprendere una scelta che vedrà i suoi effetti tra molto più tempo.
Luk