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Il vino e la recessione, un rapporto che sta cambiando, di Marco Baccaglio

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Angolo economico

Il vino e la recessione, un rapporto che sta cambiando

di Marco Baccaglio

Una delle domande piu' ricorrenti negli ultimi mesi e' quale possa essere l'impatto della recessione sulla domanda del vino. Dunque, l'evidenza e' in qualche modo sul tavolo: il prodotto "vino" sta subendo un impatto che e' piu' significativo di quello io mi sarei immaginato. Basta leggere qualche bilancio degli ultimi tempi.

Cio' equivale a dire che il vino e' sempre di meno un alimento e sempre di piu' un prodotto voluttuario. Volendo presentare gli "antipodi" in una fase di recessione come questa, possiamo immaginare che il consumatore medio rinunci (o rimandi se possibile) l'acquisto dell'auto (vedi forti cali delle immatricolazioni con conseguente intervento di sostegno dei governi) ma non cambi le sue abitudini sugli acquisti di latte, per esempio.
Ecco, io credo che il vino sia nella mente di tutti meno "ciclico" di quello che in realta' e'. Mi sono trovato a discutere nel mio lavoro del "trading down" (cioe' dell'acquisto di prodotti meno costosi) nel settore del latte, figuriamoci quello che puo' succedere nel mercato del vino.

Ma quali vini stanno soffrendo di piu'? Esistono molte teorie, tra le altre:
• Ci sono quelli che dicono che i vini bianchi sono destinati a soffrire di piu', perche' hanno una valenza voluttuaria superiore a quella dei vini rossi (che sono il classico bicchiere di vino a pasto) e perche' sono preferiti/acquistati dalle donne, che sono immediatamente propense a tagliarne il consumo. Teoria supportata da studi americani che stimano l'elasticita' dei vini bianchi all'andamento economico a 1.5x rispetto a 0.9x per i vini bianchi.
• Esistono poi delle evidenze di crollo dei consumi di prodotti di altissima qualita', cioe' un "trading down" (come si dice in italiano?) dall'altissima qualita' alla qualita' medio-alta. In un segmento vicino come quello dei super alcolici in USA sono in grande difficolta' i cosiddetti "ultrapremium", cioe' roba da 30 dollari in su, mentre si comportano meglio i prodotti tra 10 e 20 dollari. Ulteriore prova di questo spostamento potrebbero essere i prezzi dei primeur 2008 di Bordeaux, tipicamente prodotti di altissima qualita' con volumi piuttosto significativi.
• Ci sono poi quelli che sostengono che si salveranno i vini da tavola (ma forse in queste recessioni sono proprio i clienti di questi vini che vanno ancora piu' in crisi) e i vini di altissima qualita' ("tanto chi e' ricco lo sara' sempre e non rinuncera'"), mentre saranno in crisi i prodotti di fascia media, tipicamente i prodotti che vengono acquistati quando ci sono piu' soldi.

Difficile dire quale di queste teorie sia piu' giusta. Quello che e' certo e' che i risultati che escono dalle principali aziende vinicole (per non dire quelli che escono dalle maison di Champagne) mettono in luce un modello di consumo ben lungi da quello di un alimento base, con volumi in crollo anche del 20-30%.
Quindi? Marketing, ci vuole tanto marketing e sempre di piu'. Il prodotto vino avra' sempre piu' bisogno di essere "venduto" e sara' sempre meno "comprato" come bene di prima necessita'.

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3 Commenti

Inserito da Tomaso Armento

il 05 giugno 2009 alle 15:14
#1
Ciao,
per cominciare penso che il trading down sia difficile da tradure per se, ma credo che "scendere di livello" ci "stia" tutto....(data la situazione).
Parlando con commercianti e punti vendita negli ultimi tempi mi sono accorto che un'azienda come la mia (2,2 ettari) deve equipaggiarsi (in termini di promozione) esattamente come quella 20 volte più grande (mi verrebbe da dire di più ma non conosco direttamente nessuno oltre quella soglia). Inoltre il messaggio che mi stanno quando gli chiedo cosa "vedono" dal loro orizzonte, il messaggio che ricevo è: addio volumi, solo prodotti eccelsi e "prezzati" adeguatamente. Meglio se anche poco conosciuti. Bò!

Inserito da Gianpaolo Paglia

il 05 giugno 2009 alle 22:13
#2
E' difficile pensare al vino come un alimento base, sopra i 5 euro a bottiglia. Chiaro quindi che sia un prodotto voluttuario, che si puo' cambiare scegliendo un prezzo piu' basso, per es. invece di un vino da 25-30 euro, scegliere un vino da 15 euro.
Ma anche questo ovviamente non rappresenta una strategia valida, visto che l'offerta e' maggiore della domanda. Quindi? Marchio, si compra un marchio e si va sul sicuro in momenti di crisi. Personalita' o storia da raccontare, se esistono fanno trascendere il prodotto dalla fascia di prezzo che lo dovrebbe caratterizzare e lo fanno emergere dalla competizione.
Altro non so.

Inserito da Luigi Bellucci

il 06 giugno 2009 alle 01:41
#3
Direi che il vino è un "alimento voluttuario" perchè il vino si beve a pasto - e come tale è un alimento - e lo si beve per il piacere che se ne ricava abbinandolo a un cibo particolare - e quindi è voluttuario. Giusto chiedersi come andrà il mercato in recessione, ma ormai ci siamo da parecchi mesi quindi credo che si possano già tirare delle conclusioni più serie guardando le statistiche di vendita e su quelle ragionare, magari confrontandole con altre fasi recessive, che però sono state sempre più corte di quella attuale e più limitate "geograficamente". Quella del 1929 è troppo lontana, forse non ci sono dati sufficienti e allora negli USA c'era il proibizionismo che falsava tutte le statistiche sulla vendita di alcolici, vino compreso.
Tradurrei Trading come scambi commerciali e Down come diminuzione, quindi diminuzione degli scambi commerciali.

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Marco Baccaglio

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Analista finanziario dal 1996 e sommelier dal 2001. A settembre 2006 lancia un blog di analisi numeriche relative al vino, I numeri del vino. Il blog...

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