Scrivo questo post mentre mi passano molti pensieri per la testa. Vivendo nel mondo della finanza e della borsa, sono in un momento un po’ particolare: tutto sembra andare a rotoli. E’ anche un momento in cui (oltre a perdere soldi in borsa) ci si ferma a pensare, si guardano le cose in prospettiva. In questo modo si riesce a comprendere come la maggior parte delle cose si devono muovere alla giusta velocita’, alla velocita’ della natura. Se un albero cresce troppo velocemente dovra’ poi fermarsi per consolidare le sue radici. Se un’azienda cresce troppo in fretta sara' costretta poi tornare qualche passo indietro, stabilizzarsi per riprendere forza per una nuova tappa del suo percorso di crescita. Guardando gli utili delle aziende nel lungo termine, su orizzonti di 10 o 20 anni si puo’ comprendere come, quando le strategie sono corrette, le “ondate” sono legate da una linea in leggera ma costante crescita. E comunque, la media delle aziende non crescera' sicuramente di piu' di quanto non faccia l'economia generale. Quando le cose vanno bene, negli anni di espansione economica, ci si dimentica di queste semplici regole e si pensa che la super-crescita sia senza fine. Ebbene, non lo e'.
Ci sono delle eccezioni, naturalmente. Warren Buffet, per esempio. O Leonardo Del Vecchio. Sono eccezioni. La “media” azienda non funziona in questo modo. Purtroppo o per fortuna, quindi ci si trova a confrontare la velocita’ di crescita normale con il proprio orizzonte di vita, con la propria aspirazione.
Proprio questo mi porta a pensare al sogno di guadagnarsi da vivere producendo vino. Partendo con 500mila euro (diciamo tutto quello che si possiede e un po’ di prestiti) e ipotizzando di mettere in piedi un’azienda vinicola, dove si puo’ arrivare? Non troppo lontano, purtroppo. Ipotizzando un ritorno sul capitale dopo le tasse del 6% e ipotizzando di reinvestire completamente gli utili ci si impiega 40 anni a decuplicare. La matematica e’ purtroppo crudele. E bisogna fare attenzione. Se si pretende di fare l’azienda vinicola “integrata”, cioe’ proprieta’ della terra/produzione/distribuzione potrebbe essere ancora piu’ difficile. Sono necessari capitali ingenti per comperare la terra e i ritorni su questo capitale sono forzatamente bassi. In cambio si riceve la protezione dall’inflazione (la terra si rivaluta) e una rendita dalla terra, sotto certi punti di vista perpetua. Per questo motivo, probabilmente, a beneficiare dello sforzo saranno gli eredi del “sognatore”. In Italia, su questo modello integrato ci sono aziende vinicole che consolidano tradizioni centenarie. Forse la piu’ importante e’ Antinori. Oggi Antinori e’ un’azienda invidiabile per il marchio e per le sue proprieta’, che gli consentono di produrre profitti molto ingenti.
Per questo, quando analizziamo le aziende vinicole, molto raramente ci troviamo di fronte al modello “integrato”. Chi vuole crescere velocemente non puo’ pensare alla vigna. Deve pensare direttamente al prodotto. La cultura della velocita’ non e’ un male della rivoluzione industriale: ha a che fare con la natura umana, con l’ambizione di fare crescere qualcosa il piu’ veloce possibile. E la pretesa di fare il produttore integrato potrebbe essere troppo costosa, salvo che non si abbiano veramente molti soldi da investire.
Facendo un parallelo, quasi nessuno tra i grandi produttori quotati in borsa possiede piu’ del 10-15% della vigna da cui produce i propri vini. Il ritorno sul capitale della terra e’ troppo basso per gli investitori della borsa, abituati a ritorni elevati in un periodo di tempo non troppo lungo. Sicuramente questo non e' il ritmo della terra, ma cosi’ e’: l’investimento nel mondo del vino va "adattato" al paradigma della Borsa valori dove l'ottimizzazione dell'impiego dei capitali (cioe' uguale usare meno soldi possibile con un ritorno piu' alto possibile) e la logica del ritorno dominano. Magari anche a discapito della sostenibilita' nel lungo periodo dell'attivita'..
C’e’ una speranza di vedere soddisfatta la propria ambizione? Puo' darsi. Se non si e' straricchi, bisogna essere o molto fortunati (cioe' scommettere sul "nuovo Domaine de la Romanee' Conti") oppure essere veramente molto, molto bravi. L’angolo economico anche oggi e’ riuscito a non pubblicare quasi nessun numero.
[Foto credit: sorsetti.wordpress.com]
Analista finanziario dal 1996 e sommelier dal 2001. A settembre 2006 lancia un blog di analisi numeriche relative al vino, I numeri del vino. Il blog...
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Inserito da Gianpaolo Paglia
il 18 marzo 2009 alle 14:17Mi limito a dire che quello che hai detto e' sacrosanto, e che i soldi, la vera rendita finanziaria, non si fa con l'agricoltura. I ritorni sono bassissimi e i capitali da investire molto alti, anche per un azienda di piccole dimensioni.
E' importante che chi beve vino sia al corrente di questo, che chi produce le sue uve ha un ritorno molto basso, e che il prezzo del vino sta tutto nei vari costi, ammortamenti (sopratutto) e nella filiera a valle, che normalmente e' quella che beneficia di piu'.
Se si guarda a chi ha fatto i soldi nel vino, nella maggior parte dei casi ci si rende conto che si tratta di gente che non ha mai posseduto i vigneti, e che semmai li ha fatti dopo che ha fatto i soldi perche' gli servivano per immagine.
Questa e' la realta', ma pcohi al di fuori degli addetti ai lavori la conoscono.