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Produrre vino: un sogno troppo ambizioso?, di Marco Baccaglio

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Angolo economico

Produrre vino: un sogno troppo ambizioso?

di Marco Baccaglio

Scrivo questo post mentre mi passano molti pensieri per la testa. Vivendo nel mondo della finanza e della borsa, sono in un momento un po’ particolare: tutto sembra andare a rotoli. E’ anche un momento in cui (oltre a perdere soldi in borsa) ci si ferma a pensare, si guardano le cose in prospettiva. In questo modo si riesce a comprendere come la maggior parte delle cose si devono muovere alla giusta velocita’, alla velocita’ della natura. Se un albero cresce troppo velocemente dovra’ poi fermarsi per consolidare le sue radici. Se un’azienda cresce troppo in fretta sara' costretta poi tornare qualche passo indietro, stabilizzarsi per riprendere forza per una nuova tappa del suo percorso di crescita. Guardando gli utili delle aziende nel lungo termine, su orizzonti di 10 o 20 anni si puo’ comprendere come, quando le strategie sono corrette, le “ondate” sono legate da una linea in leggera ma costante crescita. E comunque, la media delle aziende non crescera' sicuramente di piu' di quanto non faccia l'economia generale. Quando le cose vanno bene, negli anni di espansione economica, ci si dimentica di queste semplici regole e si pensa che la super-crescita sia senza fine. Ebbene, non lo e'.

Ci sono delle eccezioni, naturalmente. Warren Buffet, per esempio. O Leonardo Del Vecchio. Sono eccezioni. La “media” azienda non funziona in questo modo. Purtroppo o per fortuna, quindi ci si trova a confrontare la velocita’ di crescita normale con il proprio orizzonte di vita, con la propria aspirazione.
Proprio questo mi porta a pensare al sogno di guadagnarsi da vivere producendo vino. Partendo con 500mila euro (diciamo tutto quello che si possiede e un po’ di prestiti) e ipotizzando di mettere in piedi un’azienda vinicola, dove si puo’ arrivare? Non troppo lontano, purtroppo. Ipotizzando un ritorno sul capitale dopo le tasse del 6% e ipotizzando di reinvestire completamente gli utili ci si impiega 40 anni a decuplicare. La matematica e’ purtroppo crudele. E bisogna fare attenzione. Se si pretende di fare l’azienda vinicola “integrata”, cioe’ proprieta’ della terra/produzione/distribuzione potrebbe essere ancora piu’ difficile. Sono necessari capitali ingenti per comperare la terra e i ritorni su questo capitale sono forzatamente bassi. In cambio si riceve la protezione dall’inflazione (la terra si rivaluta) e una rendita dalla terra, sotto certi punti di vista perpetua. Per questo motivo, probabilmente, a beneficiare dello sforzo saranno gli eredi del “sognatore”. In Italia, su questo modello integrato ci sono aziende vinicole che consolidano tradizioni centenarie. Forse la piu’ importante e’ Antinori. Oggi Antinori e’ un’azienda invidiabile per il marchio e per le sue proprieta’, che gli consentono di produrre profitti molto ingenti.

Per questo, quando analizziamo le aziende vinicole, molto raramente ci troviamo di fronte al modello “integrato”. Chi vuole crescere velocemente non puo’ pensare alla vigna. Deve pensare direttamente al prodotto. La cultura della velocita’ non e’ un male della rivoluzione industriale: ha a che fare con la natura umana, con l’ambizione di fare crescere qualcosa il piu’ veloce possibile. E la pretesa di fare il produttore integrato potrebbe essere troppo costosa, salvo che non si abbiano veramente molti soldi da investire.

Facendo un parallelo, quasi nessuno tra i grandi produttori quotati in borsa possiede piu’ del 10-15% della vigna da cui produce i propri vini. Il ritorno sul capitale della terra e’ troppo basso per gli investitori della borsa, abituati a ritorni elevati in un periodo di tempo non troppo lungo. Sicuramente questo non e' il ritmo della terra, ma cosi’ e’: l’investimento nel mondo del vino va "adattato" al paradigma della Borsa valori dove l'ottimizzazione dell'impiego dei capitali (cioe' uguale usare meno soldi possibile con un ritorno piu' alto possibile) e la logica del ritorno dominano. Magari anche a discapito della sostenibilita' nel lungo periodo dell'attivita'..

C’e’ una speranza di vedere soddisfatta la propria ambizione? Puo' darsi. Se non si e' straricchi, bisogna essere o molto fortunati (cioe' scommettere sul "nuovo Domaine de la Romanee' Conti") oppure essere veramente molto, molto bravi. L’angolo economico anche oggi e’ riuscito a non pubblicare quasi nessun numero.


[Foto credit: sorsetti.wordpress.com]

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33 Commenti

Inserito da Gianpaolo Paglia

il 18 marzo 2009 alle 14:17
#1
Il tuo post e' troppo ghiotto, anche se non ce la faccio a dire tutte le cose che vorrei.
Mi limito a dire che quello che hai detto e' sacrosanto, e che i soldi, la vera rendita finanziaria, non si fa con l'agricoltura. I ritorni sono bassissimi e i capitali da investire molto alti, anche per un azienda di piccole dimensioni.
E' importante che chi beve vino sia al corrente di questo, che chi produce le sue uve ha un ritorno molto basso, e che il prezzo del vino sta tutto nei vari costi, ammortamenti (sopratutto) e nella filiera a valle, che normalmente e' quella che beneficia di piu'.
Se si guarda a chi ha fatto i soldi nel vino, nella maggior parte dei casi ci si rende conto che si tratta di gente che non ha mai posseduto i vigneti, e che semmai li ha fatti dopo che ha fatto i soldi perche' gli servivano per immagine.
Questa e' la realta', ma pcohi al di fuori degli addetti ai lavori la conoscono.

Inserito da Luca Risso

il 18 marzo 2009 alle 16:05
#2
Anche se è tutto vero, quella dipinta non è una delle logiche che hanno contribuito a portarci nella situazione economica incasinata attuale?
Luk

Inserito da Marco Baccaglio

il 19 marzo 2009 alle 10:52
#3
@ Luca
Beh, la logica e' la stessa ma e' estremizzata. Io bevo vino due volte la settimana a cena, un alcolizzato ne beve un paio di litri al giorno. Sempre di vino trattasi. Spingere un'azienda ad ottimizzare il suo capitale investito e' una cosa in se positivo (come per me bermi un ottimo Morellino di Gianpaolo). Spingere sempre di piu' i profitti prendendosi dei rischi assurdi (come hanno fatto le banche, le assicurazioni e gli operatori finanziari) e' un po' differente....

Inserito da Luca Risso

il 19 marzo 2009 alle 11:30
#4
Intendevo dire, in modo anche un po' interessato, che se il valore aggiunto di un bene tornasse a spostarsi un po' di più verso la produzione, verso la vigna (ma anche la fabbrica), sarebbe un fatto positivo.
Luk

Inserito da Tomaso Armento

il 19 marzo 2009 alle 18:18
#5
Gran Bel post Marco!
Io di analisi e piani ne ho fatti e ne faccio un bel po (te lo puoi immaginare), quello che dici è vero, ma è anche vero che l'estremismo nuoce anche qui.

Però perdonatemi le aziende non devono per forza avere la proprietà di siti e impianti, ma il controllo: quindi perchè non avere vigneti in affitto?

Anche io dopo aver intrapreso la gestione della mia azienda ho studiato parecchio la lezione e aggiungo che ho scisso la parte immobiliare da quella vigneti + cantina e ottieni con risultati (e capacità di indebitamento) decisamente più interessanti.

Se poi oltre al vino si affianca un'attività ricettiva e di ristorazione, parliamo di aziende familiari di piccole dimensioni, il bilancio gira (non t'arricchisci e sei perennemente illiquido, della serie vendo mattone compro pane -almeno io-) anche se tutto il profitto spesso lo becchi come si dice in gergo "all'exit" cioè quando vendi....perchè normalmente tra i lavori realizzati e le manutenzioni e il prezzo del podere alla fine nel tempo beh. E poi l'unico crollo che ti preoccupa è quello dei muri...non delle borse!

Attenzione spasmodica alle dimensioni, produzioni di nicchia e particolari, lavoro familiare la ricetta per i piccoli, per i grandi il profitto, mettila come vuoi, è su chi distribuisce. Mi domando sempre come faccia chi sta nel "mezzo", cioè nella scala che inizia a 5 zeri e finisce a sei zeri (come produzione bottiglie)....e faccio i miei complimenti ancora una volta a Paglia perchè mi sembra che la risposta l'abbia trovata....

I big (quelli dei 6 zeri) hanno sempre "il piedino" a valle...

Tom

Inserito da Guglielmo Cornelli

il 23 marzo 2009 alle 10:27
#6
Bell' articolo Bacca, ti seguo anche di là, sui numeri del vino, dal quale ho tratto alcuni spunti per il project del master cui ho partecipato: è vero tutto quello che si dice, dal mio piano risulta (per un' azienda con vigneti di proprietà) un profitto apressochè pari a zero (o anche peggio), almeno nei primi anni di attività.
E' sconcertante, ma è vero: quindi per rispondere alla tua domanda .... si, decisamente troppo ambizioso come sogno!!
Peccato, prima del master era una cosa alla quale stavo seriamente pensando, ma visti i risultati... Gianpaolo, buon lavoro!!

Inserito da Tomaso Armento

il 23 marzo 2009 alle 12:10
#7
Una domanda, giusto per capire, prima ancora di guardare i numeri, a chi vuole rendite finanziarie: ha senso entrare in un mercato saturo pensando al ritorno economico?

Ciao
Tom

Inserito da Guglielmo Cornelli

il 23 marzo 2009 alle 14:49
#8
Potrebbe aver senso se subentri a qualcuno già esistente, se erediti un' azienda o se hai la passione e tanti soldi da investire (cosa, peraltro, già accennata nel post da Bacca).
A livello marketing l' unica cosa da fare, di fronte ad una così alta offerta, è lavorare sul brand ... non vedo alternative ...

Inserito da Tomaso Armento

il 23 marzo 2009 alle 15:34
#9
La mia era ovviamente una provocazione, dato che faccio anche io l'analista ed ho messo tutto (letteralmente) nell'azienda di famiglia ereditata.

Quello di cui mi sono accorto, e che ho anche detto è: ma perchè i vigneti devi per forza "possederli"? Oggi puoi produrre vino di ottimo livello preididiando tutto il processo con vigneti in affitto e usando cantine in conto lavorazione, avendo veramente poco di proprietà, ma avendo il controllo su tutte le fasi importanti della produzione. Io ho due ettari, quindi la cosa non mi riguarda, ma il sogno e l'ambizione di crescere ce l'ho ed ho capito che l'uniche due cose che non puoi permetterti in questo settore più di altri sono gli estremismi e le incoerenze, quello che non ho capito ancora è perchè devi avere tutto "di proprietà"...
Capisco il rammarico di chi dice "sotto il vestito niente" perchè commerciano vino, ma se lo fai in vigneti in affitto? Che male c'è?
Aiutatemi a capire...

Inserito da Guglielmo Cornelli

il 23 marzo 2009 alle 16:19
#10
Tolto che i numeri (cioè i costi) fanno la differenza, ci può essere, per chi fa una simile scelta, un puro discorso di completa gestione del vigneto: se devo affittare una vigna dove non possono essere applicate tecniche di agricoltura biodinamica (perchè il proprietario non me lo concede) ed io sono così "talebano" da voler concimare i miei campi con il letame, allora il problema sorge ....
ovviamente anche la mia è solo una provocazione! :-)))

Questo è un estremismo, nella realtà e a conti fatti, ad oggi, l' affitto è la soluzione migliore, non pensando nel lungo periodo.

Inserito da Marco Baccaglio

il 23 marzo 2009 alle 18:09
#11
Ciao Tomaso,
la questione della vigna "di proprieta'" ha a che fare con due cose, almeno nella mia testa. La prima e' onirica: il sogno del produrre vino, che e' del titolo del post, e' quello del produttore a tutto tondo, che coltiva la terra, produce un grande vino e lo vende a un prezzo ancora migliore.
Ora, la seconda viene dalla mia percezione di dove origina la qualita' del prodotto. Forse capisco male, pero' l'uva e' un fattore critico di successo per ottenere un grande vino. Cioe' posso essere un bravo vinificatore ma se ho una materia prima non eccelsa non arrivo a un grande prodotto. Dall'uva si puo' solo peggiorare, qualcuno mi disse una volta.
Ora mettiamo il caso che io affitto un ettaro di vigneto a Villadossola, val d'Ossola, mio paese natale. Ne esce un vino incredibilmente buono, il nuovo Chateau Tappia (dal nome della frazione). Dunque, se il signore da cui io prendo in affitto la vigna e' furbo (non e' detto), probabilmente si accorgera' che io gli affitto la vigna e produco un reddito incredibilmente elevato perche' quel vigneto fa un'uva strepitosa. Che cosa mi chiedera'? Un affitto piu' elevato, perche' nel frattempo, se e' furbo, avra' capito che il valore della sua terra e' significativamente salito. E chi glielo ha fatto salire? Io.
Dunque, rilancio il dilemma: non possedere la vigna secondo me non e' proprio come non possedere un immobile strumentale per un'azienda. Non possedere la vigna e' un affare se il prodotto che ne esce e' mediocre oppure normale. Se riesco invece a farci uscire un grande prodotto, sara' meglio che la vigna diventi mia il prima possibile... altrimenti rischio che tutto il mio intuito (e la mia fortuna, perche' no) vadano ad arricchire qualcun altro.
Per sdrammatizzare posso dirti che sto pensando di comprare un appartamento a Londra, non un vigneto in Toscana...

bacca

Inserito da Filippo Ronco

il 23 marzo 2009 alle 18:16
#12
Cavolo Bacca come lo hai spiegato bene.
Ho capito anch'io, il che è tutto dire in fatto di economia ! :-)

Ciao, Fil.

Inserito da Tomaso Armento

il 23 marzo 2009 alle 22:11
#13
Cito mie parole "le uniche due cose che non puoi permetterti in questo settore più di altri sono gli estremismi e le incoerenze, quello che non ho capito ancora è perchè devi avere tutto "di proprietà"...[sottolineao, TUTTO]

Quindi, rispondo a bacca e Guglielmo:

Io non so nelle altre realtà italiane, ma qui da me l'affitto del vigneto a prezzi congrui è un miraggio per chi ha i vigneti (cioè chi li da non chi li prende in affitto), così come l'acquisto delle uve a prezzi congrui (di solito sono cifre in perdita x produttori).

Ora da dove siamo oggi alla notorietà del marchio, così a naso, intercorrono un bel po di annate agrarie (magari si facesse un "domaine" nel tempo che un vigneto cresce!): nel frattempo se le vendite confermano le tue aspettative, e se non sei un milionario che non sa dove spenderli, allora si che pianti i tuoi vigneti! Ma hai vendite che giustificano i numeri non sogni che devono concretizzarsi. Parliamo di chi, come me parte dal basso e deve costruirsi una credibilità giorno dopo giorno, annata dopo annata: perchè solo il fatto che hai sempre venduto (tutto) ai privati da 30 anni non vuol dire nulla per il mondo degli intermediari, che sono necessari se vuoi uscire dalla cerchia degli sconosciuti.
Oh, poi ognuno ha le sue opinioni e non voglio neanche che tutti mi dicano che ho ragione, perchè poi meli trovo tutti come concorrenti.....
:-)

P.S.:Il bio+qualunque aggettivo non si inventa su un qualsiasi vigneto, o lo è in partenza o niente (min sono 3 anni di preparazione formale, anche se non hai fatto cose diverse dai disciplinari), se conosci i proprietari da generazioni sai bene cosa è stato fatto (dalle mie parti si sa molto di tutti e poco di nessuno, sarà solo qui?) e decidi tu cosa farai. Questo, ovviamente, a prescindere dai bio aggettivi.
P.P.S: il vigneto in affitto è un metodo di sopravvivenza anche nel lungo periodo, l'importante è che non "sfondi". Ah, qui è pieno anche di quello....che zona, eh!

Inserito da Guglielmo Cornelli

il 24 marzo 2009 alle 08:56
#14
Tutto ha un prezzo e ha tutto va dato tempo: dall' affermazione del brand, al fatto di poter trasformare un vigneto in bio ... non ci si scappa.
Ma il Bacca (e anche il sottoscritto) sottolineano (al di là dei puri numeri iniziali), il fatto passionale di possedere e produrre vino da terreni di proprietà, cosa che va, inequivocabilmente, a favore della QUALITA' assoluta: è questo il vero plus di lavorare su vigne di proprietà.
Ma come dicevo questa cosa sul breve periodo non si vede, quindi si torna sempre a bomba: ci vuole tempo.
Tomaso, il mio intervento è da puro appassionato, che vorrebbe realizzare un sogno, ma come ha dimostrato il piano marketing che ho fatto, i numeri (come fai notare giustamente) sono impietosi! :-((

Inserito da Luca Risso

il 24 marzo 2009 alle 09:33
#15
@Guglielmo
Ti quoto.
Tra l'altro sia tu che Tomaso vivete in realtà territoriali dove difficilmente "il colpaccio" può riuscire in breve tempo, complice una storia pesantissima e una tradizione non esattamente "qualitativa". Non a caso i grandi boom degli scorsi anni sono avvenuti in territori vergini come Bolgheri o Montefalco, per fare due esempi.
E' li che ancora IMHO bisogna sfrucugliare, dove enologicamente c'è tabula rasa.
Luk

Inserito da Guglielmo Cornelli

il 24 marzo 2009 alle 10:35
#16
Certo Luca, da noi si coltivano Barbera e Bonarda, mica Nebbiolo o Sangiovese; in più, nessuna delle nostre aziende lavora sul brand ... è anche per questo motivo che non arriveranno mai!
Ma a maggior ragione sarebbe necessario avere vigneti di proprietà, altrimenti ci si confonde con i cantinoni sociali ..
Il distinguo è: l' affitto delle vigne potrebbe giovare di più a zone come Langa, Montalcino e, più in generale, a quelle note; alle altre, imho, non giova granchè ... a meno di un mero ragionamento sul numero, cioè sui costi, il discorso qualitativo credo non sia in discussione.

Inserito da Tomaso Armento

il 24 marzo 2009 alle 12:03
#17
Agli innumerevoli numerari ecco qui http://www.vinix.it/myDocDetail.php?ID=2618 una mia rielaborazione del lavoro di Marco e di Fabio Ingrosso, giusto per dire la mia.....

Ah, io vado avanti con il mio progetto....son fatto male (mi piace "rompere le leggi consolidate", o stare fuori dagli schemi....fatto male lo so...

Ciao!
Tom

Inserito da Guglielmo Cornelli

il 24 marzo 2009 alle 14:03
#18
Quello che emerge è quello che in parte vado sostentendo: nei territori noti, i vigneti possono tranquillamente essere presi in affitto; ma dove non si è conosciuti, bisogna lavorare sull' alta qualità, sul territorio (associandolo al brand, magari) e su una distribuzione efficiente, che però comporta alti costi.

Secondo me bisogna coinvolgere molto di più il privato all' acquisto in azienda, con azioni di comunicazione mirate; rispetto al trade (ho.re.ca. e d enoteche), dove ciò è possibile, deve andare direttamente l' azienda a "raccontare" il proprio prodotto.
Sicuramente in un territorio noto, la comunicazione al privato è più facile: nel mio si fa molta fatica, anche per retaggio culturale.

Inserito da Filippo Ronco

il 24 marzo 2009 alle 14:07
#19
@ Guly
Concordo molto con l'ultimo periuodo: "sicuramente in un territorio noto la comunicazione al privato è più facile". Si certo, anche perchè ci sono territori che hanno sempre fatto promozione proprio in quanto territorio, facendo sistema, con l'aiuto delle istituzioni o per cordate di privati, questo non è rilevante ma ci sono territori che "vedi", "senti" e "leggi" tutto l'anno, altri dei quali non si sa nulla.

Ciao, Fil.

Inserito da Tomaso Armento

il 24 marzo 2009 alle 14:18
#20
Sul terreno in affitto in territori noti cadi al 100% in quanto diceva Marco, ci mettono un secondo a capire che fai qualità grazie a loro e telo ritrovi dritto nell'affito. Nei territori ignoti puoi spuntare condizioni ragionevoli nel frattempo che il marchio telo costruisci, e stai tranquillo che la qualità la fai perchè hai ampia scelta su vigneti.

Cito Fil "cordate di privati" Il mio progetto è crescere e facendo crescere il territorio, il lavoro è difficile anche perchè bisogna far trasparire quanto serve per far crescere tutti ma non farsi cannibalizzare. Networking, selezione accurata dei compagni di viaggio, onestà, dedizione totale e fortuna.....

Da dove parto? Guardo poco più in là: la barbera non partiva da un territorio e una nomea proprio "felice", di scempi col vitigno ne sono stati fatti tanti in passato eppure....

Comunque non c'è fretta, fortunatamente sono giovane e "di belle speranze"....quindi, ribadisco, vedremo!

D'altronde se non c'è succo (d'uva) non c'è vino!
Ciao
Tom
:-)

Inserito da Guglielmo Cornelli

il 24 marzo 2009 alle 14:24
#21
Io partirei da ciò che non è nelle nostre corde, in quanto italiani: l' unione.
Se un manipolo di vignaioli fossero uniti e insieme spingessero un territorio poco noto, remando tutti nella stessa direzione, non dico che si riuscirebbe a spremere sangue dalle rape, ma insomma, qualcosa di buono si potrebbe ottenere ....
Questo è solo l' inizio: poi ci vlgiono tutte le cose che hai citato ... dedizione, onestà e ... vigneti di proprietà!! :-)))

Questa era una battuta, magari da utilizzare come slogan!! :-D

Ciao
Guly

Inserito da Tomaso Armento

il 24 marzo 2009 alle 14:28
#22
Grazie! Dopo 33 anni passati (la maggior parte) in queste campagne ed essersi resi conto di quanto sia stupido e dannoso l'opposto ho cominciato a trovare qualcuno che vuole cambiare. Pochi? Ma come si dice all'inizio son sempre pochi....altrimenti sarebbe già costume!

Inserito da Luca Risso

il 24 marzo 2009 alle 14:32
#23
Tomaso, secondo me in un territorio noto, sia che sia noto per la qualità alta (affitto alto) sia che sia noto per la qualità bassa (affitto basso), la pigione rimarrà più o meno costante nel tempo, in quanto molto difficilmete si potrà far crescere una bonarda tanto da farla pagare come un barolo.
Viceversa sono i territori sconosciuti, che con un po' di fondoschiena possono tirare fuori vini che improvvisamente arrivano al top delle quotazioni.
Luk

Inserito da Guglielmo Cornelli

il 24 marzo 2009 alle 14:37
#24
@Luk
come non quotarti!

@Tom
Pochi si, ma "buoni"!

Inserito da Tomaso Armento

il 24 marzo 2009 alle 14:40
#25
Luk,
è giusto tutto! Finchè non si dimostra il contrario. Io non mi permetto di contraddire nessuno, sto facendo una cosa "diversa", come tale senza paragoni tangibili. Non so quanto si possa far crescere un Dolcetto di Ovada, so di sicuro che lavorerò sodo anno dopo anno per capirlo. Come peraltro ho già fatto nel 2008.

Avete tutti ragione, i numeri freddamente danno ragione a quei ragionamenti, ma, come mi ha detto mio nonno, che ha piantato lo chardonnay quando nessuno ancora cio credeva e ci ha fatto un vino col fondo che va regolarmente in esaurimento prima della fine dell'annata "senza persone che prendono le vie laterali tante cose non sarebbero mai state parte del nostro scibile".

@Guly: buoni, buoni. Oh, secondo me eh!

Ciao
Tom

Inserito da Gianpaolo Paglia

il 25 marzo 2009 alle 21:27
#26
In Borgogna, nelle Cote du Rhone e in molte altre zone esistono da sempre dei vini, spesso di alto prezzo, fatti totalmente senza proprieta' delle vigne. In Borgogna esiste da oltre 200 anni la figura del broker che tratta con il produttore di uva e di vino e poi col negociant. Mi diceva un docente di un corso del WSET che lavorava negli anni settanta in Borgogna presso un negociant, che questo intratteneva rapporti di affari con lo stesso produttore da oltre 200 anni, e non era mai stato nella sua cantina! Per non parlare dello Champagne.
La differenza e' che da loro esiste il concetto di vigneto, di cru, che rende le cose piu' razionali ed inquadrate, anche e sopratutto nelle aree di pregio. I costi sono alti, ma il valore aggiunto del negociant e' ben presente.
Da noi e' tutto piu' erratico, a volte i prezzi richiesti per uve, vini o affitti di vigneti sono completamente slegati dalla realta', perche' non c'e' una esperienza consolidata e una conoscenza del territorio (a parte pochissime zone).
Se si fa un vino base solo con uve prodotte dai propri vigneti, che si presume siano ben tenuti, ben lavorati e con basse rese, non si riesce a ripagarsi i costi, a meno che il "base" non costi 7/8 euro a bottiglia. Ma allora non e' piu' base, no?
L'unico sistema, almeno per me, e' quello di lavorare al meglio possibile nei miei vigneti, e poi integrare con uve provenienti da vigneti esterni che saranno quasi sempre peggiorative. Allora perche' usarle? Perche' se sono bravo riesco ad ottenere quell'equilibrio giusto tra un vino base ottimo e un prezzo giusto. Per i vini importanti, superata quella soglia di cui sopra il discorso e' diverso, li' ci sono i margini per valorizzare il lavoro e il possesso della vigna. E' un mix non facile, ma del resto perche' dovrebbe?
Io possiedo 22 ha di vigna mia, tutta molto ben tenuta e capace di dare ottima/buona qualita/, affitto circa 15 ha, che quindi sono completamente gestiti da me e mi consentono in alcuni casi di avere ottime uve, epoi compro ancora uva per una decina circa di ettari, selezionando il piu' possibile, ma sapendo che sara' quasi sempre inferiore alla mia, ma che almeno mi consente di uscire col prezzo giusto.
In piu' l'affitto/gestione di vigneti, ha il vantaggio di poter andare a scovare dei piccoli cru lontano da casa che posso arricchire, se si e' bravi e si ha fortuna, il proprio prodotto. A noi e' capitato col Ciliegiolo e con il Sauvignon. Nel primo caso si tratta di vigne di 40 anni che per noi sono di gran valore, ma che erano praticamente sprecate prima.

Inserito da Guglielmo Cornelli

il 26 marzo 2009 alle 09:05
#27
Questo è un belll' esempio di "razionalizzazione" dei costi .... qualità ma anche una sufficiente quantità che possa permetterti di raggiungere una sufficiente marginalità (probabilmente, senza farti i conti in tasca).

Inserito da Tomaso Armento

il 26 marzo 2009 alle 15:12
#28
Ti garantisco che il ragionamento di Gianpaolo, che ringrazio per l'intervento, funziona integralmente anche per il piccolo. Non si può giudicare una realtà da fuori, solo coi numeri: la devi vivere.

Vuoi un esempio di erraticità nominale profittevole? Come fanno i piccoli agricoltori a sopravvivere stante la situazione dei prezzi in agricoltura? Tutti maghi Merlino?

Ho visto Business Plan avallati da fior di consulenti essere perfettamente inutili e imprenditori italiani che parlavano male la loro stessa lingua smontare fior di tesi di pianificazione. Non pochi, bontà loro: capiti mai nella bergamasca?

Ciao
Tom

Inserito da Luca Risso

il 26 marzo 2009 alle 15:22
#29
"Erraticità nominale profittevole"?
Spiegare grazie!
:-)
Luk

Inserito da Tomaso Armento

il 26 marzo 2009 alle 15:52
#30
Scusa l'espressione grgale che mi porto nel Tomavolario (il mio vocabolario personale).

Con quel termine intendo cose che sebbene si muovono in modo non regolare (erratiche) rispetto a leggi fissate per convenzione (i.e. nominali) danno profitto, come tali non analizzabili con schemi e non preordinabili/pianificabili.

Ho dato per scontato l'interferenza umana, altrimenti avrei dovuto dire Erraticità nominale "umanamente" profittevole. Sempre secondo il Tomavolario.

Cristallino.....
osamoT
;-)

Inserito da Guglielmo Cornelli

il 26 marzo 2009 alle 16:34
#31
Capisco il concetto "pratico" dell' aspetto, ma come ogni attività o professione devi necessariamente partire da un piano .... poi se non si tengono conto di tutti gli aspetti o si erra a redigere un piano, queste sono un altro paio di maniche!

Inserito da Tomaso Armento

il 26 marzo 2009 alle 17:16
#32
Lo so lo so, quando gestisci per terzi o parti da zero è così.

Devi ammettere però che gestire il tuo (e la tua famiglia lo fa da più di trent'anni) e capire che avevi irrazionalmente ragione prendendo una "strada laterale" non ha prezzo....è quello che penso tutte le volte che incontro qualcuno che mi dice "si ma tuo lo fai "solo" da xx anni". Non gli rispondo mai dal vivo, ma penso: bbè? Le
cuvèè le hanno studiate quando io non c'ero manco, mica le devo reinventare, di vendemmie ne abbiamo viste tante in famiglia. Altrimenti alle case vinicole centenarie dovresti dire: si ma mica lo fai da duecento anni.....quindi l'esperienza storica proprio bruscolini non è! O no?

Inserito da Rosa

il 03 ottobre 2009 alle 14:21
#33
bene, mi fa piacere ke ci siano persone interessate al vino e al marketing ke ne consegue, io per la mia esperienza (limitata alla zona d'origine-bn, e alla produzione familiare posso dire ke i tempi sono veramenti tristi ed anke ki coltiva con amore (raggiungendo una qualità alta) ha difficoltà nel piazzare il prodotto-uva....credo ke x risollevare il mercato agricolo ci sia bisogno di investimenti ...Leggevo di "prendere in affitto", se ci fossero interessati se ne potrebbe parlare..la produzione della mia famiglia è di circa 500 quintali di aglianico e i vigneti sono molto ben messi e curati (zona campania- benevento)...mio padre e mia madre ci lavorano con dedizione ma per loro risulta difficile vendere l'uva ad un buon prezzo...Se qualcuno fosse interessato a sviluppare le vendite siamo a disposizione..magari si pattuisce un tot di affitto l'anno, i miei coltivano e l'affittuario piazza il prodotto al prezzo ke vuole. per contatti inviare e-mail :lettrice80@tiscali.it

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Marco Baccaglio

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Analista finanziario dal 1996 e sommelier dal 2001. A settembre 2006 lancia un blog di analisi numeriche relative al vino, I numeri del vino. Il blog...

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