La parola d’ordine dei prossimi 3-4 anni sembra essere “exit strategy”. Per dirla in parole povere, “come fare per uscire dal pasticcio in cui ci siamo infilati”. Il sistema economico ha subito uno chock terribile, a causa del sistema finanziario. Le banche centrali per tenere in piedi la baracca hanno iniettato nel sistema una dose senza precedenti di liquidità. Hanno somministrato al mondo una cura da cavallo mai provata prima. E i risultati si sono visti. La recessione e’ stata molto intensa ma non lunga. Il problema e’ che oggi il malato non e’ morto ma sta molto male e, soprattutto, sara’ necessario capire come fare per riprendersi i soldi che sono stati sparati nel sistema per farlo sopravvivere.
E’ curioso, ma questa storia della “exit strategy” mi sembra molto sovrapponibile a quella del mondo del vino italiano. Per anni il sistema fatto di piccolissimi produttori e massimizzazione dei volumi di produzione e’ stato tenuto in piedi dai contributi pubblici. Ora, sarebbe necessario trovare una dignitosa via d’uscita, una maniera per obbligare i viticoltori italiani a ragionare nei termini della loro impresa e della capacita’ di questa di generare reddito per il prodotto che fa, non per il prodotto che, bene o male, sara’ in qualche modo venduto.
Ormai 10 anni fa, il mondo imprenditoriale italiano e’ stato messo di fronte alla conversione dalla lira all’euro. Molti erano scettici che gli italiani ce l’avrebbero fatta: non potevano piu’ invocare la svalutazione della lira per mantenere le proprie imprese competitive, dovevano per forza ingegnarsi e fare prodotti migliori, oppure tagliare i costi per essere redditizi in uno scenario competitivo dove uno dei jolly non c’era piu’ (la svalutazione della moneta). Ecco, quando un giorno gli aiuti alla viticoltura italiana saranno finalmente proibiti (abbiamo una deroga per qualche anno ma non tanti ancora), il mondo vinicolo italiano si trovera’ di fronte a un grande processo di selezione. E lo sapete cosa succederà? Che chi fa le cose bene (non il vino che costa tanto, chi fa i prodotti giusti al prezzo giusto) vincera’ e guadagnera’ quello che si merita, mentre per gli altri ci saranno problemi significativi.
Cosa dobbiamo fare allora?
Beh, se io fossi nei panni dell’UIV oppure del Ministero dell’Agricoltura incomincerei a preparare il terreno e a capire come fare per uscire da questa situazione. Dato che siamo in Italia, magari comincerei a immaginare uno scivolo di uscita. Per esempio comincerei a tagliare i sussidi alle uve e ai vini prodotti con rese troppo alte; oppure mi metterei ad analizzare la struttura burocratica del mondo del vino per capire se e’ possibile creare qualche Super-Doc da sostenere con denari pubblici per promuoverla fuori dall’Italia (i francesi lo hanno fatto per sostenere la loro produzione nel sud del paese).
Magari, se si comincia a muovere la lancetta qualcosa succede: la mancanza di sussidi per certi tipi di prodotti derivanti dalla produzione ad altissime rese potrebbe ridurre l’eccesso di produzione, la promozione di una Super-Doc potrebbe convincere qualcuno a fondersi per creare denominazioni piu’ grandi e piu’ sostenibili. Ecco, anche il vino italiano sarebbe il caso cominciasse a immaginare una “exit strategy”...
[Foto credit: Hugh Macleod]
Analista finanziario dal 1996 e sommelier dal 2001. A settembre 2006 lancia un blog di analisi numeriche relative al vino, I numeri del vino. Il blog...
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Inserito da Luca Risso
il 26 gennaio 2010 alle 09:44Luk