Quanto è difficile trovare il prezzo sorgente
Inizio la mia collaborazione con Filippo Ronco e TigullioVino con un argomento che suscita sempre grandi discussioni: il prezzo sorgente. Il vino e’ un prodotto con un ventaglio di prezzi veramente ampio. Si va dalla bottiglia a 1 euro fino alle grandi bottiglie di Bordeaux o di Borgogna che escono dalle cantine a prezzi folli. Ma il problema che suscita l’interesse per il prezzo sorgente non e’ soltanto questo. C’e’ anche la sensazione che la distribuzione del vino faccia lievitare in modo sostanziale i prezzi: si tratterebbe quindi di capire quanto ricaricano gli anelli della catena (e, soprattutto, se questo e' giusto). L'obiettivo dei fautori del prezzo sorgente mi sembra proprio su questo punto: non si discute il prezzo del vino in se’, si vuole discutere piu' di quanto “ricarico” e’ stato applicato al prodotto nella distribuzione. Per aggiungere qualcosa alla discussione, io credo che si potrebbe anche discutere sul ricarico applicato dal produttore.
Posto che non si vuole qui stabilire se sia giusto o meno rendere pubblico questo prezzo (e’ un’opinione!), penso che sia il caso di mettere sul tavolo alcune considerazioni che possono aiutare a comprendere come si formano i prezzi dei vini. Per partire, prendo subito spunto da quello che ha scritto Gianpaolo Paglia di Poggio Argentiera in merito. Gianpaolo ha pubblicato il suo listino prezzi, ma non solo: ha anche pubblicato quanto costa all'azienda produrre la bottiglia. Il suo vino di punta, Capatosta, viene venduto a 13 euro piu’ IVA all’ultimo anello della catena e costa, secondo il suo calcolo, poco piu’ di 7 euro. Questo significa che il margine di vendita e’ il 44% o, se volete, il ricarico e’ dell’80%. Possiamo “giudicare” questo ricarico? A guardarlo a prima vista sembra molto alto, certo. Pero’ a pensarci bene Gianpaolo e’ sottoposto ai seguenti rischi:
- (1) rischio di insolvenza: vende il vino e non lo pagano o lo pagano dopo molto tempo;
- (2) rischio "vendemmia": la sua produzione puo' variare da un anno all’altro e quindi certi costi fissi salirebbero nel suo calcolo per bottiglia;
- (3) rischio magazzino: non riesce a vendere il suo vino e quindi sopporta un costo (implicito) di mantenerlo nel magazzino.
Ma soprattutto, secondo me, e’ necessario capire quanto Gianpaolo ha investito. Vedete, il margine percentuale sulla vendita e’ un aspetto del problema. Piu’ importante e’ capire come l’utile generato si confronta con l’investimento effettuato (per produrlo) e pesare questo “ritorno” rispetto ai rischi che si corrono. Se io domani comperassi il vigneto di Chateau Petrus, probabilmente lo pagherei talmente tanto che per ottenere un “ritorno” dignitoso nel mio investimento nella vigna (inventiamoci un numero: 10 milioni di euro per un ettaro, con un ritorno prima delle tasse del 5%) dovrei ricaricare su ogni bottiglia un costo molto elevato (nel nostro caso, dovremmo caricare 500,000 euro su una produzione diciamo di 5000 bottiglie, cioe’ 100 euro a bottiglia). Ecco, io credo che i calcoli da fare siano questi, piuttosto che quelli relativi al “ricarico” in se: che cosa c’e’ dietro, quanto si e’ investito? Quali sono i rischi?
Passando alla distribuzione, al dettaglio o al ristorante, le questioni sono circa le stesse. E’ uguale distribuire un vino con un marchio pubblicizzato e uno con un marchio sconosciuto? La distribuzione all’ingrosso acquista a fermo e potrebbe richiedere un margine piu’ alto su uno rispetto all’altro per far fronte al maggiore rischio di non riuscire a vendere il prodotto. La pubblicita’ andrebbe nel prezzo sorgente del vino pubblicizzato ma non in quello di quello sconosciuto. I costi sarebbero dunque diversi.
L’intento dei fautori del prezzo sorgente e’ molto chiaro: trovare rendite di posizione. E’ opinione di chi scrive che in Italia ci siano delle colossali rendite di posizione. Ce ne sono anche nel mondo del vino ma, credetemi, ve ne sono di ben piu’ significative in altri settori. Come risolvere il problema e' invece molto meno scontato. Le obiezioni partono da come considerare alcune voci di costo, passano attraverso la valutazione di alcuni aspetti non tangibili ma pur significativi come il marchio e si concludono con la necessita' di valutare i rischi insiti nell’attivita’ di produzione e di distribuzione.
Abbiamo un problema distributivo? Certamente. Pochi grandi distributori lavorerebbero meglio di tanti piccoli, come succede in Italia. Ma mettere il prezzo sorgente li aiuterebbe? Sicuramente no. Come non aiuterebbe un negoziante di vestiti se il prezzo sorgente del vestito che vende fosse stampato sul cartellino, o non aiuterebbe un farmacista se il prezzo sorgente dell’aspirina fosse stampato sul prodotto.
Il mercato non funziona cosi'. Se il mercato funziona, le rendite di posizione non esistono, perche' se ce ne fossero, qualcuno cercherebbe di sfruttarle, correggendo il problema. Secondo me, quindi, piu' che invocare la trasparenza dei prezzi, sarebbe importante spingere per un miglioramento delle regole del mercato. Consolidare la distribuzione all'ingrosso, far crescere la concorrenza nel mondo del dettaglio e, dopotutto, spingere anche a un consolidamento nell'ambito della produzione dei vini.
[Foto credit :
www.agriturismo.com]
Inserito da Gianpaolo Paglia
il 28 gennaio 2009 alle 23:34