Quando lo si va a trovare, è sempre alle prese con qualcosa di nuovo: un’intuizione, un’esigenza, un esperimento, un attrezzo, una iniziativa... Non sta mai fermo, ha più desideri, sogni e progetti che ore nella giornata. Mario Pojer è una persona cordialissima e travolgente, un vulcano di idee e di entusiasmo, prima che un produttore trentino di successo in binomio con l’amico e socio di sempre, Fiorentino Sandri . Curioso come un bambino - e come tutti i grandi della scienza - non smette mai di farsi domande e di cercare risposte. E quando non le trova, le inventa. E’ così che ha messo a punto alcune sue invenzioni diventate famose (e adottate anche da molte altre cantine), come la “macchina per lavare l’uva” o la “mongolfiera per l’azoto”. Ma se per gli addetti ai lavori il suo contributo ai progressi tecnologici dell’enologia è fuori discussione, agli appassionati interessano soprattutto i suoi vini: vivi come lui.
Mario, sei nato prima vignaiolo o prima distillatore?
Io sono un uomo di cantina.
Dopo la morte prematura di mio padre, che era enologo presso la Cantina Ruffo a Soave, la più grande cantina d’Italia dell’epoca, mia madre si trasferì a Salorno, dove c’erano i nonni, e io crebbi in campagna, in mezzo a ragazzi di lingua tedesca. Avevo solo 6 anni quando cominciai lavorare in cantina, tirando fuori vinacce e pulendo vasche... Mi divertivo un mondo. Così feci le prime esperienze da cantiniere. E contro il parere di mamma e nonna, che avrebbero preferito che diventassi geometra, decisi di fare la scuola di enologia di S.Michele all’Adige. Durante gli anni di studio, conobbi Fiorentino Sandri e diventammo amici. Lui aveva una piccola attività agricola con suo padre, e 2 ettari di terreno. Alla morte del padre eredità tutto e da lì ci venne l’idea di metter su una cantina.
La vostra prima vendemmia?
Nel 1975. Come detto avevamo solo 2 ettari, ora ne abbiamo quasi 30.
Cos’è il vino per Mario Pojer?
Sono sempre dell’idea che il vino è l’uomo. Perchè è l’uomo che compie le scelte di territorio, di vitigno, di pratica agronomica, enologica, è l’uomo che studia l’interazione tra vitigno e territorio, altitudine, esposizione, clima. Non è vero che con la tecnologia si fanno grandi cose: se l’uva che porti in cantina è una porcheria, al massimo potrai migliorare la situazione, ma non potrai mai trasformarla in un’ottima materia prima. Oggi invece purtroppo il vino è diventato un prodotto industriale, a forza di aggiunte esogene (tannini, legno, acido...). E la cantina si trasforma quasi in un liquorificio. La mia idea di vino è di evitare queste cose. Non ridurle, e basta: evitarle. Certo, alcuni accorgimenti sono importanti: se serve, un po’ di solforosa, o di bentonite, bisogna metterla. La filtrazione, se serve, bisogna farla; perchè la natura ti da’ un sacco di problemi, se non sai gestirla.
Come definiresti i tuoi vini?
Sicuramente onesti. Non manipolati. Usiamo poca solforosa, anche se arriveremo a non usarla affatto. Per la filtrazione uso bentonite e farina fossile.
Come ti vengono le idee per i tuoi marchingegni? Sono problemi comuni a tutti i produttori, ma sembra che solo tu cerchi una soluzione...dì la verità, hai un po’ il pallino della meccanica!
Direi di sì. Quando io sono in cantina a lavorare, cosa che a me piace molto, cerco sempre di migliorare certi procedimenti manuali. Ogni anno, in media, mi interesso ad almeno un progetto nuovo. L’ultimo riguarda il trasporto di uva integra in pressa in assenza di ossigeno. Erano alcuni anni che cercavo di capire come arrivare a questo risultato. Finalmente quest’anno ce l’ho fatta: grazie a una particolare macchina, sono riuscito a portare l’uva integra in pressa senza far entrare ossigeno. Con risultati impressionanti.
Qual’è il vino che ti sta dando più soddisfazioni commerciale, quello che si dice che “si vende da solo”?
Il Merlino.
Il tuo vino dolce liquoroso?! Non ci credo. Il ritornello di tutti i produttori, da nord a sud d’Italia, è che i vini dolci non si riescono a vendere.
Eppure è così. Il Merlino è un vino dolce, scuro, tannico, forse difficile, con un casino di alcol...ma ha un gusto che impressiona anche il profano. E l’astemio. Ti racconto un’esperienza simpatica: uno dei nostri migliori mercati è l’Olanda, perchè dopo la Francia è il secondo consumatore di vino Porto al mondo. In Olanda noi vendiamo un sacco di bottiglie di Merlino ai ristoranti, i quali lo propongono a fine pasto nei pranzi di matrimonio. Sai cosa succede? Che molte di queste coppie vengono in Italia in viaggio di nozze, e nel loro tour si spingono fin qui, a Faedo. Per vedere dove nasce il Merlino. E per noi è una soddisfazione enorme.
Veronese, laureata in Filosofia, dopo anni di collaborazioni su testate nazionali, radio e televisioni, con il trasferimento in Valpolicella si dedica...
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Inserito da Sergio Ronchi
il 27 gennaio 2010 alle 19:07Ho giusto stappato recentemente un Besler del 2001 ... a breve la mia degustazione su vinix....