Intervista a Franz X.Pichler di Elisabetta Tosi
Anche il pianeta vino ha i suoi re e le sue regine, teste (idealmente) coronate dall'immaginario collettivo e/o a furor di popolo bacchico per l'eccellenza dei loro vini. Re pomposi e pienamente consci del proprio valore (e di quello dei loro vini) e re più semplici, più preoccupati di dare solo e sempre il meglio, che dei punteggi sulle guide, dei risultati nei concorsi e dell'articolo declamatorio. Vinitaly è un'occasione imperdibile per incrociare questi personaggi: se si è discretamente inseriti in qualche giro che conta, nei primi è più facile imbattersi - sono sempre dappertutto - .
Per i secondi, che non sai mai dove potresti incontrarli, ci vuole soprattutto… fortuna, come quella che è successa a me. Nella magnifica azienda dell'amico Albino Armani ("il" produttore della Valdadige, quello del Foja Tonda, do you remember?) una sera dello scorso Vinitaly, ho avuto l'opportunità di avvicinare uno stanco (erano le 23!) ma ancora disponibile "re", come viene chiamato: l'austriaco Franz Xaver Pichler, il re del Wachau, uno dei più grandi "bianchisti" del mondo. Le sue (poche) bottiglie sono tutte vendute con anni di anticipo. E coloro che affermano che un vino bianco non può invecchiare bene come un rosso farebbero bene a provare uno dei suoi Riesling, ammesso che lo trovino (le prossime prenotazioni partono dal 2006!).
- Che prospettive possono avere i vini bianchi in un mercato internazionale che chiede ancora e sempre vini rossi?
- "Penso che esista una autentica lobby internazionale, formata soprattutto da paesi emergenti come l'Australia (grande produttrice di vini rossi) che sostiene il mercato del vino, al punto che l'85 per cento del vino prodotto nel mondo è rosso.
Negli ultimi anni sono successi dei fatti abbastanza anomali, che non hanno riscontro nelle epoche precedenti: in paesi come Cile e Argentina, per fare un esempio, si è verificata una concentrazione di terreno vitato nelle mani di pochi grandi produttori che ora decidono per tutti. Costoro hanno un'impostazione filo-francese, e si sa che i francesi sono forti soprattutto nei vini rossi. Capisci cosa voglio dire? non è più il piccolo viticoltore che decide, ma questi grandi gruppi economici. Bada, questo è un mio parere personale; io produco vini bianchi, e tutto ciò mi rende felice, perché se tutti si orientano sui rossi, diminuisce la competizione nel mercato dei bianchi. In questa situazione sono ben felice di far parte di una minoranza!"
- Però anche le ricerche indicano come i vini rossi siano, semplificando al massimo il discorso, "più ricchi di sostanze salutari" dei vini bianchi…
- "Anche nei bianchi esistono sostanze simili al resveratrolo dei rossi, con lo stesso benefico effetto. Però la lobby di cui parlavo prima ha finito per orientare anche le ricerche, concentrandole soprattutto sui rossi, imponendo la convinzione che i vini rossi siano più salutari perché invecchiano meglio e di più.
Io non ho mai avuto problemi d'invecchiamento con i miei bianchi, li vendo regolarmente di dieci anni. Ovviamente, invecchiano bene solo i vini migliori, ma questo è un discorso che vale per tutti i vini".
- Cosa pensa del cosiddetto gusto internazionale, che pretende che tutti i vini siano strutturati, potenti, color dell'inchiostro?
- "Mi duole molto che i vini vengano "globalizzati" così, ma anche questa è una moda americana. Del resto, la concentrazione delle proprietà nelle mani di pochi grandi produttori porta ad una standardizzazione dei gusti e delle tipologie.
La speranza è che le piccole e medie imprese che non fanno questo genere di vini possano produrre vini sempre più personalizzati da varietà autoctone.
Alla fine il consumatore dovrà rendersi conto che esistono due mercati, quello dei vini globalizzati e quello dei vini di nicchia. E sono questi ultimi a rivolgersi ad un pubblico più informato ed esigente".
Veronese, laureata in Filosofia, dopo anni di collaborazioni su testate nazionali, radio e televisioni, con il trasferimento in Valpolicella si dedica...
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