Uno dei motivi per cui a mio avviso bisogna essere felici che esistano anche nel mondo del vino i grandi gruppi, è che questi hanno, a differenza delle piccole e medie aziende, capitali a sufficienza per poter investire anche in vere ricerche di mercato. Due anni fa, ad esempio Constellation Brands aveva condotto il progetto Genome, che aveva l'obiettivo di costruire una mappatura psicologica del consumatore del vino americano - ma i risultati erano facilmente applicabili anche in Italia - suddividendolo in sei categorie che ricordavano la mappatura di Sinottica: entusiasti, attenti all'immagine, acquirenti saggi, tradizionalisti, degustatori soddisfatti, e spaesati. Lo studio presentato da poco da Santa Margherita e realizzato in collaborazione con Tomorrow Swg, ha puntato al contrario a tracciare un profilo del consumatore secondo canoni di ricerca più "tradizionali", ma trattandosi di una ricerca focalizzata sul consumatore italiano, è certamente d'interesse.
Questo studio ha trovato per lo più grandi conferme rispetto ai dati comunicati negli ultimi anni, e in ordine sparso, dalle varie organizzazioni di settore, a partire dal fatto che il consumatore di oggi, da quanto è emerso, quando acquista un vino è più preparato e selettivo rispetto al passato. Il consumo del vino ha raggiunto una penetrazione del mercato molto elevata - attorno al 76% degli italiani - a dimostrazione che si tratta di un mercato ormai largamente maturo.
Oltre la metà consuma vino regolarmente (quasi tutti i giorni), mentre la restante parte ne fa uso solo in alcuni giorni della settimana o più raramente. Un segnale di evoluzione è dato dal fatto che sebbene il consumo sia prevalentemente domestico (58,7%), si stia rafforzando la tendenza al consumo fuori casa nella fascia giovane. Resta il fatto che, sia consumato in casa o fuori, nella quasi totalità dei casi (dal 90 al 97%), il vino è bevuto ai pasti.
Malgrado gli sforzi fatti per comunicare il vino e le sue varie tipologie, tra i criteri di scelta di un vino consumato a casa resta in cima alla lista il colore - 58%, mentre il 27,1% dei consumatori sceglie tra vino fermo, frizzante o spumante. Marca e vitigno incidono invece per circa il 22% - con un mercato frammentato come quello del vino, e ancor più quello italiano (dove al numero altissimo di produttori si aggiunge la molteplicità di vitigni), del resto c'era da aspettarselo. E infatti, i cosiddetti sperimentatori, quelli cioè che cambiano vino e provano etichette diverse, raggiungono il 60% mentre gli abitudinari si assestano al 40% indicando la scarsa fedeltà alla marca.
Questa fedeltà, secondo la mia personale interpretazione, lo ammetto, è probabilmente più legata al fattore prezzo a cui è sensibile una grossa fetta dei consumatori. Questo resta infatti sempre di fondamentale importanza (influenza il 50% dei consumatori intervistati) e nell'indagine viene diviso in tre fasce principali - sotto i 3 euro, scelti dal 40,2% dei consumatori, entro i 5 euro (30,9% dei consumatori), e 29,9% per i vini che superano i 5 euro, fascia che viene definita premium e che raggiunge il 76% dei consumatori nel caso di un acquisto di vino che sia pure un regalo.
A tal riguardo però il dubbio potrebbe sorgere: in un mercato dove gran parte del vino comprato in enoteca costa ormai (ben) oltre 5 euro, e dove anche sullo scaffale della Gdo appaiono vini oltre questo prezzo, la pratica di considerare premium un qualsiasi vino oltre i 5 euro, per quanto largamente adottata, credo stia ormai stretta. La fascia premium infatti va a includere la stragrande maggioranza dei vini, vini che variano anche moltissimo di prezzo, pur senza scomodare le icone. Allora perchè non includere (almeno) una quarta fascia?
Quanto alle leve del marketing della distribuzione e della comunicazione, cresce il ruolo della GDO che si gestisce metà mercato lasciando il resto da dividersi tra enoteche, negozi specializzati e vendita diretta, mentre rispetto agli investimenti pubblicitari su stampa, radio e tv la maggioranza degli intervistati preferisce il suggerimento di qualcuno di fiducia (magari anche i blogger?) che nel consumo fuori casa indossa i panni del gestore o del sommelier.
A tal proposito va aggiunto che tra chi consuma fuori casa, in base a questa ricerca aumenta la percentuale di chi sceglie in base a tipologia, marca e vitigno, pur tenendo conto del rapporto qualità prezzo. Ma del resto si tratta di quei consumatori che, acquistando vini che rientrano all'interno dell'infinita fascia premium price, puntano certamente di più alla qualità ma anche all'immagine del vino.
Laureata in Economia e Commercio, Slawka è consulente di marketing specializzata nella comunicazione enogastronomica. Nel mondo editoriale...
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