Mi allontano, ma solo apparentemente, dal tema principale di questa rubrica per parlare di un esempio d'eccellenza che non riguarda direttamente il vino, ma in generale la ristorazione. Ne parlo perchè credo sia fondamentale ricordarsi che, anche quando si parla di vino, non si parla solo di un prodotto, ma di una vera e propria esperienza in cui il servizio, l'ambientazione - sia in enoteca che direttamente in cantina - diventano elementi che influenzano l'apprezzamento del vino molto spesso al pari della qualità stessa del prodotto.
Così mi riferisco a una recente visita al ristorante Mugaritz, a due passi da San Sebastian, in quei Paesi Baschi che ormai rappresentano la culla della migliore cucina creativa. Qui, Andoni Luis Aduriz a capo di questo paradiso dei cinque sensi ha detto una cosa che dovrebbe stare in cima ai pensieri di qualsiasi ristoratore ma anche produttore di vino che si dedichi all'accoglienza: chi viene in un posto sperduto, perchè il Mugaritz non è esattamente dietro l'angolo, sta facendo un grosso complimento con la sua presenza, ed è bene ripagarlo con qualcosa che non si acquista col semplice denaro. Questo si applica a tutta la ristorazione, e a tutte le aziende vitivinicole sperdute in luoghi stupendi. Molti già si impegnano a questo scopo, ma troppo spesso quando lo si fa, viene così, senza ragionarci davvero sopra.
L'idea è quella di offrire cose che normalmente nessuno sarebbe in grado di offrire - e Andoni, nella sua genialità tutta germogli, erbe e fiori, in questo caso sorprende anche con una zuppa di vegetali che contiene un fiore proveniente dal Brasile che quando mangiato crea un effetto prorompente di freschezza e pizzicore - un po' come quelle polverine di quando eravamo piccoli (almeno la mia generazione) che scoppiettavano in bocca prima di diventare gomma americana più classica, al contatto con la saliva.
La cena poi, non viene presentata tanto come numero di pietanze, ma quando ci si siede a tavola un cartoncino tipo "teaser" preannuncia la durata della cena, che sarà di circa 150 minuti. E se si arriva dopo una certa ora, sul sito è scritto chiaramente che non verrà servito l'intero menù perchè non ci sarebbe il tempo per apprezzarlo. A riprova che questa è una vera e propria esperienza. Cibo a parte. Poi ancora, la data stampata sul menù della serata, trasforma il menù stesso in un souvenir dalla carta ricercata.
Se l'ambientazione è fondamentale per ogni ristorante, qui si arriva a degli eccessi che quasi sorprendono. L'ambientazione solitamente è anche musica, siamo abituati a sentire un sottofondo, magari classico, o soft jazz. Qui invece regna il silenzio, ma non opprimente. È il silenzio rilassato di chi parla sottovoce ma sta davvero bene, e si trova perfettamente a suo agio.
Altra trovata assolutamente custormer-oriented, quella degli spazzolini da denti con dentifricio, tutto in un kit usa e getta in bagno. Con un menù che prevede caviale o semi di sesamo, finalmente qualcuno che pensa che i propri clienti vorranno ridere e sorridere per tutta la serata, senza avere la preoccupazione di quel semino che si è conficcato in primo piano tra i denti.
Questi alcuni degli elementi del marketing mix del Mugaritz, un marketing mix fatto dei soliti elementi della ristorazione, cibo, vino, ambientazione, location, servizio e via dicendo, ma che qui vede al centro del target non tanto la combinazione cibo-vino, ma l'esperienza che deriva dall'intero marketing mix. Un esempio da seguire in tutti i settori.
Laureata in Economia e Commercio, Slawka è consulente di marketing specializzata nella comunicazione enogastronomica. Nel mondo editoriale...
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