No, non è una nuova tirata sulle gioie del Quinto Quarto, ma una riflessione in parallelo, su sue mondi che hanno molto più di poco in comune. Pur abitando, dal punto di vista culturale e storico, quasi due continenti differenti.
Ancora ebbro di felicità, associavo nella mente le due esperienze-a-tavola più esaltanti degli ultimi due anni, e cioè La Francescana a Modena e La Torre del Saracino a Seiano.
Quasi mille chilometri di distanza, due modi diversi di intendere il mestiere. Almeno apparentemente
Sebbene nemmeno per un attimo ti lascerai andare ad una sterile contrapposizione tradizione-innovazione, di cui tutti abbiamo sentitamente piene le tasche, ad una analisi superficiale potresti associare l'arte di Bottura ad una visione più intellettualistica, mentalizzante del cibo: dove ogni cosa viene pensata, studiata, progettata, quasi costruita con infinite alchimie, tecniche, ardite architetture concettuali.
L'esprit de geometrie, per dirla con il filosofo.
E potresti pensare a Gennaro Esposito come alla cucina del cuore, dove è centrale l'esplosione creativa, immediata. Dove i colori sono gettati sulla tela quasi d'istinto, con la sola sintesi dell'estro dell'artista che compone e dispone quello che ha per le mani. L'esprit de finesse, forse.
Ma questa non sarebbe che la più banale, semplicistica delle indagini.
Perchè nell'arte di questi due grandi interpreti dell'arte culinaria c'è molto d'altro, al di là di una incrostazione visiva che probabilmente è più attribuita che vissuta.
Leggendo oltre, infatti, troverai in Bottura una visione intimistica del mondo, dove l'emotività è fulcro e il pensiero è solo arnese di lavoro. In cui le sensazioni si esprimono con un processo che coinvolge tutta l'essenza della profonda, individuale visione del bello inteso come scelta di vita. Con una rielaborazione delle tradizioni che solo il distratto non riconoscerà nelle sue creazioni, anche le più espressioniste.
E ascoltando Esposito parlare dei suoi piatti scoprirai la sapienza dell'archeologo del gusto, del bibliofilo delle tradizioni, con una conoscenza delle materie enciclopedica, sorretta da una capacità di classificazione e rielaborazione ammantate del brivido della genialità. Che si trasforma nel piatto in qualosa di più moderno, di più contemporaneo di un'intallazione di Basquiat, perchè è qui ed ora come non mai.
E la cosa che veramente ti seduce, e per sempre, è questa capacità di entrambi di esprimersi con un proprio linguaggio, una voce propria. Uno stile unico e distinguibile tra mille, un tratto profondamente, ed inequivocabilmente pur nelle diversità, ed ancor più nelle divergenze.
Ma un qualcosa li accomuna, che è di pochi: di trasformare la più banale, la più comune, la più quotidiana delle attività - nutrirsi - in un frammento d'eternità.
"animula vagula blandula hospes comesque corporis"
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Inserito da Filippo Ronco
il 11 aprile 2009 alle 11:54Grazie, Fil.