Nel levante della nostra Liguria, son secoli e secoli, vivevano, in frazioni diverse, cinque comunità che proprio d'accordo non andavano per diversi motivi di confin ma soprattutto per la produzione di un vino bianco, che ogni grande famiglia produceva gelosamente in proprio, con l'unico vitigno che aveva a disposizione coltivandolo sulle erte scoscese e strappando alla natura con immensa fatica un prodotto che ciascuno considerava il migliore.
Va da sè che questi motivi erano sufficienti per liti e baruffe che negli anni si susseguivano e mettevano una famiglia contro l'altra di padre in figlio. Avvenne allora che, per por fine alle diatribe, fu consultato un vecchio saggio della zona (nelle leggende per fortuna esiste sempre) che volle degustare questi prodotti, li assaggiò , storse il naso e con salomonica genialità sentenziò che gli sforzi ed i vitigni andavano uniti, che sicuramente il prodotto sarebbe stato migliore, così i capi famiglia fecero e nacque il prestigioso "Cinque Terre".
Scriveva Jacopo Bracelli nel 1448: "...Sorgono sulla costiera cinque terre quasi ad eguale distanza fra loro, non solo famose in Italia, ma anche presso i francesi ed inglesi per l'eccellenza del loro vino..."; e proprio ad avvallare ciò che ancora oggi costituisce un miracolo di ingegneria agricola aggiungeva: "...Cosa invero che fa maraviglia è vedere monti costieri e scoscesi che perfino gli uccelli stentano a trasvolarli, pietrosi ed aridi ricoperti di tralci così stecchiti ed esili da assomigliare piuttosto all'edera che non alla vite. Di qui vien fuori quel vino che approntiamo per le mense dei Re...".
Tutto detto, a noi non resta che rendere omaggio alla tenacia, alla costanza e all'amore per la vite di chi cura e di chi vinifica in condizioni veramente difficili anche se la tecnica oggi è venuta in soccorso dell'improba fatica dell'uomo vignaiuolo ligure.
E gustiamolo allora questo Cinque Terre: viene vinificato con uve albarola, vermentino e bosco in percentuali variabili, la zona di produzione è quella dei comuni di Monterosso, Vernazza con Corniglia, Riomaggiore con Manarola; La Spezia con i territori denominati Tramonti di Biassa e Tramonti di Campiglia.
E' un vino che si presenta con un bel colore paglierino con riflessi verognoli, a volte anche paglierino carico tendente al dorato, ciò dipende dalla sosta più o meno lunga del mosto sulle bucce; il profumo è delicato, persiste piacevolmente con vaghi sentori di erbe e fiori di sambuco, radice di liquerizia e caratteristico salmastro.
Al gusto è asciutto, ben strutturato, caldo con tipico fondo salmastro-amarognolo, ha 11/13° di alcool, lo serviamo a 10/11°C. e lo abbiniamo felicemente con antipasti di frutti di mare, risotto ai muscoli, muscoli ripieni, pesce al forno anche con salse leggere. Termino con Tibullo che canta del vino come medicina contro gli amori infelici:
"...Spesso tu hai vinto l'amore, profondici il falerno con ampia mano. Via gli affanni, via i travagli, brilli il sole con i suoi nivei cavalli alati. Assecondatemi amici, sarò io il re del simposio...".
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