Il consumo di alcol agli albori della vita dell'uomo è stato sicuramente un importante ingrediente nella poverissima dieta del periodo. I primi vini, birre e fermentati di frutta aiutarono l'uomo nella sua sopravivenza. In seguito e soprattutto per merito della distillazione, la tipologia di prodotto ad alto contenuto alcolico fu utilizzata, agli inizi della sua scoperta, per scopi medicinali.
A partire dal XVI secolo anche il distillato trovò il suo spazio sulle tavole dei ricchi (cognac, armagnac, whisky invecchiato ecc.) e dei poveri (grappa, gin, vodka, whisky non invecchiato, tequila, rum). Con la fine del secondo conflitto mondiale i distillati in generale diventarono in Europa, nel Nord America ed in altre parti del mondo, simbolo di benessere e da allora il loro consumo non è più considerato cibo, ma una bevanda gustata per il semplice piacere, speciale ai fini dell'aggregazione. Naturalmente è importante limitare l'uso di alcol in ogni sua forma per non eccedere in abuso.
Da pochi anni è iniziata in Italia una fase che sta modificando l'approccio all'alcol per molteplici ragioni. In questo scritto desidero portare all'attenzione una di tali importanti ragioni. Occorre dire subito che l'Italia ha ottenuto un ottimo risultato con il divieto del fumo nei luoghi pubblici. Anche i fumatori apprezzano andare al cinema, nei ristoranti e nei bar consapevoli che l'aria è ora respirabile e se necessario escono all'aperto per soddisfare le proprie esigenze di fumo.
Sono stato fino a poco tempo fa un fumatore soprattutto di pipa e sigaro ed ancora oggi, in occasioni particolari non disdegno ritornare alle antiche abitudini, non avendo mai fatto abuso di "nicotina" ne di alcol. La prima volta che ho fumato è stata al cinema all'età di 12 anni con una ventina di coetanei, seduti in una lunga fila, dove si fumò una sola sigaretta che qualcuno di noi aveva prelevato di nascosto dal pacchetto del padre. La fumata fu equamente divisa tra tanti, una sola boccata per poi passarla all'amico vicino. In quegli anni ormai lontani tutti fumavano al cinema ed è viva in me la visione dell' enorme nuvola di fumo illuminata dal fascio di luci in movimento che dalla finestrella della cabina era proiettato attraverso la platea, fino allo schermo. Crescendo ho frequentato altri ambienti impregnati del forte odore di tabacco stantio non certo piacevole. Evviva la legge contro il fumo, dunque!
Pur essendo pienamente d'accordo con questa scelta, ho una certa nostalgia per determinati luoghi a me molto cari consolidati nella memoria. Sto pensando alla piacevole frequentazione di bar e pub, di locali dove si suona la musica jazz allora fumosi è vero ma particolarmente accoglienti e vivi. Locali nelle varie parti d'Italia, storici per aver raggruppato gli elementi ritenuti essenziali della vita notturna, le bevande alcoliche, la musica soprattutto jazz spesso suonata in maniera divina dai grandi miti del jazz nero e bianco d'oltre oceano. Non mancava l'odore del buon tabacco che brucia lentamente, avvolto nella cartina o in una foglia di tabacco pregiato o ancora nel fornello di una pipa di radica.
In quelle occasioni soprattutto il whisky regnava sovrano tra i consumatori.
La scelta era varia: bourbon on the rocks per essere più vicini alla cultura musicale afro-americana oppure scotch più conosciuto perché ormai disponibile nelle nostre case. Più rara era invece agli inizi la scelta di Irish whiskey o di single malt scozzesi. Oggi nei nostri bar manca quella cara atmosfera fumosa che si trova ancora nei pub in Inghilterra ed Irlanda e in generale nel nord Europa su, su fino a Reykjavik oppure a New York nei sacri templi del jazz come il Blue Note o (con nome appropriato) Smoke dove si può gustare una birra o altra bevanda alcolica che ci riporta, per gli aromi ed i suoni, ad un mondo che da noi è terminato.
Qui sono in contrasto con me stesso: cosa vorrei trovare nei locali che ancora oggi visito, il fumo stantio di una volta, le pareti annerite come nei bistrot di Parigi o di Vienna, i bicchieri con la patina opaca ed un chiaro sentore di fumo, oppure la massima pulizia, l'aria pulita (traffico permettendo) ed il viso contento del barista che non deve più respirare il fumo passivo dei clienti? Dove sto meglio? La risposta è ovvia, preferisco bere un bicchiere di vino, una birra oppure un single malt, un armagnac o un gin & tonic pregustando con l'olfatto ciò che andrò a bere e questo lo si ottiene oggi (se la tavola calda del bar non interviene con forti odori) senza interferenze di altri aromi persistenti come il fumo.
Ma proprio perché l'olfatto è allenato a riconoscere determinati aromi (che il cervello cataloga per tutta la vita unitamente ai piacevoli suoni della musica) le mie sporadiche visite al Ronnie Scott' Jazz Club di Londra o in altri club stranieri da me visitati, mi permettono, una volta varcata la soglia, di ritornare indietro di alcuni lustri con mio immenso piacere. Questi odori uniti agli aromi dell'alcol e legati alla musica dal vivo sono esperienze indimenticabili che rimangono sotto pelle per l'intera esistenza.
Angelo Matteucci, sommelier, è considerato da molti fra i massimi esperti di tutto ciò che ruota attorno al mondo dei distillati e non...
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