Caro amico lettore, prima di iniziare la lettura di questo post fai partire questa canzone.
In questi giorni ha tenuto banco all'interno della piccola nicchia dell'internet eno-gastronomico una querelle partita dal blog di Stefano Tesi. Come al solito si è poi scatenata nei commenti l'antica guerra fra blogger e giornalisti, e soprattutto fra fazioni rivali, ma questo mi interessa poco. Anzi mi annoia. Mi appassiona di più invece l'oggetto vero del post di Tesi: l'indignazione di fronte alle condizioni poste per l'accredito al Merano WineFestival.
Cosa richiedeva Helmuth Kocher? Molto semplicemente che l'accreditato avesse già scritto o si impegnasse a scrivere qualcosa sulla manifestazione. Questo ha inorridito Tesi e molti commentatori, che si sono sentiti colpiti nella loro libertà di stampa.
Per farvi capire come vanno le cose mi tocca spiegare un po' di cose.
Come funzionano gli eventi: ce ne sono di due tipi, quelli ad invito e quelli ad accredito. Nel primo caso è l'ufficio stampa o l'organizzazione che invita direttamente gli ospiti, offrendo loro quello che può: alle volte il pernottamento, alle volte il rimborso spese di viaggio, alle volte un gettone di presenza o un compenso se la persona ha un ruolo attivo nella manifestazione. E questi sono la maggior parte.
Nel secondo caso invece ci troviamo di fronte agli eventi più importanti, più di richiamo, e allora è il giornalista che deve richiedere all'organizzazione o all'ufficio stampa di essere accreditato come giornalista, e quindi di entrare gratis alla manifestazione e di avere accesso a tutte le agevolazioni e strutture messe a disposizione. È il caso del Vinitaly ad esempio, oppure dello stesso Merano WineFestival.
Cos'è e cosa fa un ufficio stampa: si potrebbe dire di tutto, ma restringiamo il campo. Nello specifico degli eventi l'ufficio stampa cura gli inviti o gli accrediti, invia i comunicati stampa prima durante e dopo, cura l'eventuale accoglienza dei partecipanti accreditati - se prevista - e gestisce l'eventuale sala stampa. Poi fa anche molte altre cose. E le fa sulle basi di un accordo con il cliente.
Perché gli organizzatori si dotano di uffici stampa: il committente paga l'ufficio stampa perché vuole che dell'evento si parli il più possibile, in modo che aumenti la partecipazione, aumentino gli sponsor, aumentino i partner. In pratica lo scopo è fare più soldi. Che mi pare legittimo, ed è un principio che sta alla base di qualsiasi strategia di marketing.
Perché gli uffici stampa invitano i giornalisti/blogger alle manifestazioni: perché i giornalisti parlino della manifestazione, prima, durante e dopo. In questo modo il cliente sarà contento e vedrà che l'ufficio stampa ha fatto bene il suo lavoro.
Qual'è il lavoro del giornalista/blogger: semplificando molto, scrivere pezzi. Articoli, post, chiamateli come volete. La partecipazione a una manifestazione dovrebbe essere quindi funzionale allo svolgimento di questo lavoro, non di sicuro bere, mangiare, incontrare gli amici o formarsi, come ha avuto il coraggio di dire qualcuno. Visto poi che gli accreditati entrano gratis, hanno normalmente agevolazioni e altro, non mi pare proprio che le richieste dell'organizzazione siano così fuori dal mondo, né lesive della dignità professionale. Anzi, probabilmente quelli del MWF sono i primi e gli unici ad avere il coraggio di metterle nero su bianco e tentare di fare un po' di selezione nel mare magnum di fuffa e scrocconi che girano per le manifestazioni. Con e senza tesserino.
L'alternativa? Pagare il biglietto.
Disclaimer (visto che qui si lavora in trasparenza): le ragazze di Finestrino rp - che si occupano dell'ufficio stampa del MWF da due anni - sono care amiche, colleghe e praticamente vicine di casa. Con loro ho pure lavorato, sempre per Gourmet's International, alla scorsa edizione del Roma VinoExcellence & Merano WineFestival. Giusto per fare chiarezza.
Foto da Flickr di blulikejazz88
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Inserito da Filippo Ronco
il 07 novembre 2011 alle 00:53Magari non è una boiata pazzesca, cioè ha un senso, ma io non mi sentirei mai in una manifestazione organizzata da me, di imporre questo genere di obbligo, credo che già la presenza in molti casi sia un "costo" in termini di tempo non indifferente. Il fatto che un giornalista presente per esempio venga, assaggi e poi non scriva l'articolo sull'evento è già di per sé un plus per l'azienda, solo il fatto di averlo conosciuto, di esserci entrata in contatto può aprire porte, contatti e opportunità di recensione future, dirette o indirette. Già questo è un risultato che magari l'ufficio stampa non vede (perchè non credo nessuno riesca a fare recalling di tutte le aziende per sapere le conversioni da contatto a 3-6-9-12 mesi) ma che effettivamente si traduce in qualcosa di concreto e di utile per l'azienda che è poi il fine ultimo.
Quindi no, io non imporrei mai a chi mi fa il piacere di venire al mio evento (con la pletora di eventi che ci sono) di scriverne ma sono disposto a correggere il tiro dicendo che chi lo fa non faccia una boiata ma semplicemente abbia regole, priorità ed esigenze diverse dalle mie.
Ciao, Fil.