Cercando del materiale sul tema delle biotecnologie e applicazioni nel settore agroalimentare mi sono imbattuta in diversi articoli che riguardano il vino. Una sintesi di ciò che ho trovato.
La vite è una delle piante di cui conosciamo il patrimonio genetico. Sono due i gruppi di ricerca che nel 2007 hanno annunciato il traguardo raggiunto. Entrambi hanno sequenziato il DNA della varietà Pinot Nero. La vite è così la seconda specie legnosa di cui conosciamo la sequenza del DNA.
Quanti sanno che hanno contribuito al sequenziamento del genoma della vite anche ricercatori italiani ? I primi a pubblicare i dati sulla rivista Nature sono stati i ricercatori di un consorzio di ricerca pubblico italo-francese. Per essere precisi, ne facevano parte: il Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Biologia Molecolare delle Piante, l’Istituto di Genomica Applicata (IGA), ricercatori francesi del Centro Nazionale di Sequenziamento (Génoscope) e dell’Institut National de la Recherche Agronomique (INRA).
La notizia fu accolta con entusiasmo, poiché la sequenza nucleotidica del genoma di Vitis vinifera era la prima relativa ad una specie da frutto coltivata sia per il consumo fresco sia per la trasformazione. In rete troviamo documenti pubblicati anche dal secondo gruppo di ricerca e anche in questo caso si parla italiano. Infatti il consorzio internazionale coordinato dal Centro Ricerca dell' Istituto Agrario di S. Michele all'Adige (IASMA) ha lavorato alla sequenza nell'ambito del progetto Pinot Noir Grapevine Genome (PNGGI) finanziato dalla provincia autonoma di Trento. Lo IASMA era stato costituito proprio con l’obiettivo di sequenziare il genoma del Pinot nero.
In prospettiva si potevano intravedere diverse ricadute applicative, volte a comprendere l’evoluzione delle piante, a studiare i geni coinvolti nella sintesi di molecole che impartiscono caratteristiche aromatiche particolari del vino e anche allo sviluppo di viti resistenti alle malattie. Troviamo alcuni dettagli dei risultati acquisiti su Vitisgenome.it
Per quanto riguarda la sperimentazione di viti transgeniche già da una decina d'anni sono stati avviati progetti e campi sperimentali. In Europa il primo paese è stato la Francia finchè il dissenso dei consumatori convinse il produttore Moet & Chandon, il primo ad adottare la tecnologia per produrre una vite resistente ad un parassita,ad abbandonare nel 1999 il progetto. Anche negli anni successivi le sperimentazioni non sono state accolte positivamente da parte dei vigneron francesi.
Altri esempi di grappoli di vite transgenica sono stati coltivati nel corso di alcuni progetti di ricerca in Italia (es.varietà di uva con maggiore produzione di auxine) in Germania (resistenza ai funghi), in Australia (migliori qualità organolettiche). Negli USA sono stati ottenuti grappoli transgenici con modifiche diverse ad es. è stata conferita capacità di resistenza a patologie causate da muffe come Botrithus, Xylella, o parassiti (nepovirus, clostevirus.)
In Cile è stata prodotta uva da tavola transgenica con una aumentata resistenza ad un parassita fungino, si tratta di uva prodotta per il mercato USA. L'uva da tavola è considerata dagli stessi cileni un mondo diverso rispetto a quella impiegata per produrre il vino.
Le applicazioni delle biotecnologie al settore enologico, sono state rivolte anche allo studio di lieviti transgenici. La fermentazione spontanea è avviata dai lieviti presenti sull'uva. Ceppi di lieviti purificati vengono usati in enologia fin dalla fine del diciannovesimo secolo. I sostenitori del loro impiego affermano che questi microorganismi permettono un maggiore controllo del processo produttivo.
Si contano sulle dita di una mano i lieviti transgenici che fino ad oggi sono stati autorizzati in alcuni stati. A uno di questi è stata conferita la capacità di sintetizzare un enzima del metabolismo dell'urea. I ricercatori che ne sostengono l'uso durante la vinificazione affermano che questa modifica permetterebbe di ridurre la formazione dell' etilcarbamato dell'89% nei vini rossi.
Piu' studiato del precedente è il lievito ML01 distribuito negli Usa e approvato dalla Food and Drug Administration (FDA). Il lievito geneticamente modificato contiene due geni ricavati da altri microrganismi: lo Schizosaccharomyces pombe, e l'Oenococcus oeni. Tale modificazione permette al lievito ML01 di modulare la fermentazione malolattica e prevenire la produzione di amine biogene, sostanze che possono provocare emicrania nei soggetti predisposti. La ricerca su questo lievito è particolarmente attiva e in Canada un cospicuo finanziamento è stato di recente concesso a ricercatori impegnati su questo microorganismo da applicare alla produzione del vino.
Negli USA non è richiesta la dichiarazione in etichetta nel caso si usi ML01 durante la vinificazione. Non sappiamo quanti vignaioli negli USA ne facciano uso. Molti, specialmente in California dichiarano comunque che non impiegano lieviti transgenici. Contro l'uso di questo lievito si sono schierat i viticoltori sudafricani e ne è stata impedita l'autorizzazione in Sud Africa.
Ma cosa sono le amine biogene? si formano solo durante la fermentazione alcolica? ne parlerò prossimamente.
Fonti: vitisgenome.it ; Grape varieties, Malolactic yeast ML01 – The Facts ; Canada approves GM yeast that combats cancer compound
Docente di Biochimica nella Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche, dal 2003 curo Trashfood, il...
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