Warning: mysql_fetch_assoc(): supplied argument is not a valid MySQL result resource in /www/MW_qPnIayRGG/tigulliovino.it/dettaglio_articolo.php on line 207

Warning: mysql_free_result(): supplied argument is not a valid MySQL result resource in /www/MW_qPnIayRGG/tigulliovino.it/dettaglio_articolo.php on line 213
Il miracolo della natura, di Emilio Simone

Registrati!

hai dimenticato la password?

Inserisci il tuo indirizzo e-mail e premi invia.

ricerca avanzata

cerca in
Pubblicità
Home > Autori > Vino > Vino in garage

Vino in garage

Il miracolo della natura

di Emilio Simone

Capita qualche volta di scambiare quattro chiacchiere con la gente del mio paese che si diverte come me a fare il vino in garage e a volte scopro con molto stupore ed interesse che il modo di fare il vino “vecchia maniera” per alcuni è rimasto ancora la pratica corrente. Ancora oggi per molti la fermentazione alcolica, cioè la trasformazione del mosto in vino, rappresenta un vero “miracolo della natura” ignari di quello che realmente succede in questo processo di trasformazione.

Il modo di vinificare è vecchio come il mondo ed è costituito essenzialmente dalla macerazione, torchiatura e chiusura nelle damigiane. Niente lieviti selezionati, anidride solforosa, chiarifiche, travasi e controlli vari, niente di niente.
Quando il ribollire del mosto si affievolisce si tappa la damigiana; a volte anche inverosimilmente, oltre al tappo di sughero già di per sé sufficiente alla sua chiusura, qualcuno mette del nastro adesivo tutto intorno; altri usano del mastice e altri ancora addirittura del cemento impastato, quasi come volere custodire gelosamente l’essenza in essa riposta.

Nel periodo sotto Natale con tanta ansia e trepidazione, armati di un tubo di gomma e bottiglia se ne aspira il nettare, ma a volte si scopre che il miracolo della trasformazione è avvenuto solo per metà.
E allora resta un po’ di amarezza e di delusione perché l’anno precedente il miracolo era avvenuto per intero. Ma cosa non ha funzionato? Domande senza risposte e risposte senza domande, non resta che bere il vino cosi com’è e sperare nel miracolo l’anno successivo!

In questo scorcio di realtà tra misticismo e realismo si lascia che sia la natura a dettare i tempi e modi nei processi di produzione del vino casalingo. Il vino deve essere prodotto e consumato seguendo interamente questo percorso e i garagisti non vogliono sentire parlare di aggiunte o manipolazioni varie dei loro vini. Il loro consumo dovrebbe avvenire rapidamente perché una volta scolma la damigiana non tardano ad arrivare le prime alterazioni, anche se vengono comunque associate al normale corso di un vino naturale e privo di qualsiasi additivo e quindi accettate. Il vino viene quindi consumato senza troppi problemi.

Bisogna dire che spesso questi vini risultano molto buoni, almeno all’inizio. Di rado ho riscontrato ad esempio in essi odori di ridotto importanti. Quello che si esalta di più in questi vini è il gusto e la pienezza in bocca caratteristica molto positiva che in genere non si riscontra negli stessi vini che hanno eseguito travasi e chiarifica, questo fa un po’ riflettere.

Il mio amico e novello garagista Mimmo abita a Longobucco un antico borgo della Calabria in provincia di Cosenza noto per la sua cultura del vino da osteria. Ancora oggi per chi vi abita una sosta in osteria o nella propria tavernetta con gli amici è quasi d’obbligo per darsi una scaldatina dalle temperature rigide dell’inverno con un buon bicchiere di vino di annata magari accompagnato da un pezzo di pecorino locale o da altre delizie caserecce. Longobucco è famoso anche per il suo distillato da vinacce o da vino conosciuto ai più con il nome di “Acqua di Macrocioli”.

Da qualche anno Mimmo ha comprato una piccola vigna abbandonata che sta cercando di mettere a posto e di ingrandire un po’ alla volta dedicandosi cosi all’autoproduzione di vino naturale” da consumare in famiglia e con gli amici.
Incontrandolo un giorno mi disse con un tocco di amarezza che il suo vino quest’anno era rimasto dolce. Andammo nella sua bellissima tavernetta ad assaggiarlo e notai che c’era un’evidente nota di zucchero residuo non trasformato in fermentazione alcolica. Ma cosa poteva essere successo? Per quale motivo la fermentazione si era bloccata? Considerando che il mosto aveva all’inizio circa 19° babo andando a ritroso nel tempo mi ricordai che il periodo di vendemmia (seconda decade di ottobre) fu caratterizzata da temperature rigide e fredde; considerando che Longobucco è un paese di montagna noto per la rigidità del suo clima invernale pensai che la fermentazione alcolica riuscì a partire ma poi rallentò fino a bloccarsi completamente a causa del freddo. Consigliai di prendere una bottiglia di vino e di tenerla al calduccio vicino al caminetto senza tapparla naturalmente e vedere se dopo qualche giorno ci fosse ancora dello zucchero residuo. Ci risentimmo per fine anno per i consueti auguri e mi disse che la fermentazione era ripartita e che il vino della bottiglia non era più dolce; il “miracolo” si era cosi compiuto! Successivamente si convinse a tenere al caldo il restante vino delle damigiane. Penso che questa esperienza negativa gli avrà sicuramente insegnato a mantenere il locale ad una temperatura idonea durante la fermentazione.

Insomma a volte basta davvero poco per schivare gli inconvenienti più grossolani!

Buon Anno!

Letto 7603 voltePermalink[3] commenti

3 Commenti

Inserito da Enzo Zappalà

il 13 gennaio 2012 alle 06:42
#1
hai sicuramente ragione Simone... ma la fermetazione alcolica rimane sempre e comunque una meraviglia della Natura! Una singola cellula che usa ben dieci enzimi per riuscire a guadagnare una manciata di energia vitale in un ambiente ostile e privo d'ossigeno com'era la Terra primitiva, cosa può essere altrimenti? Una meraviglia incredibile!!!
Non per niente ho "dovuto" dedicare proprio un libro a questa azione così fantastica. Che poi l'uomo, con la dua limitatezza atavica, riesca o non riesca a sfruttare il perfetto lavoro della natura, è tutta un'altra cosa...
ciao

Inserito da Luca Risso

il 13 gennaio 2012 alle 09:25
#2
... bè l'uomo è solo l'ultimo step di quella prima cellula o frammento di dna sballottao anto tempo fa in quel brodo primordiale...decisamente affascinante, potremmo dire fratello lievito :-)
Luk

Inserito da Enzo Zappalà

il 13 gennaio 2012 alle 15:47
#3
caro Luca,
non solo l'uomo è l'ultimo (?) step di questa fantastica crescita, ma continua a usare il lavoro del lievito, la prima forma vivente: pane e vino insegnano. Insomma, la natura è sempre più meravigliosa di quantto si possa pensare...
ciao!

Inserisci commento

Per inserire commenti è necessario essere registrati ed aver eseguito il login.

Se non sei ancora registrato, clicca qui.