L'annata 2011 ha fatto segnare un vero e proprio record per il vino italiano che ha toccato i 4 miliardi di euro nell'export, pari alla metà del valore dell'agroalimentare nazionale, secondo quanto rilevato dall'Istat. Ma siamo proprio certi si tratti dell'inarrestabile marcia trionfale dipinta da una prima lettura dei dati comunicati dall'Istat? Ad addentrarsi tra cifre e proclami, infatti, c'è qualcosa che non torna. Pochi giorni dopo questa ricerca, la Coldiretti ha trasmesso dati altrettanto interessanti che fotografano, sul lungo corso, una realtà quasi ribaltata: negli ultimi trent'anni il consumo di vino in Italia si è pressoché dimezzato scendendo a meno di 40 litri a persona e per la prima volta, lo scorso anno, si è bevuto più vino italiano all'estero che non in Italia.
La cifra da un lato stupisce per l'incremento dell'export, ma dall'altro sorprende per il ruolo sempre più marginale che questo alimento ha sulla tavola degli italiani. Trent'anni fa infatti i consumatori erano il doppio, a inizio secolo probabilmente ancora di più. Certo non si trattava di bevande neppure paragonabili: spesso quello che si trovava nei fiaschi a inizio Novecento era un prodotto scialbo, acidulo, allungato. Che aveva vita breve e caratteristiche di quantità più che di qualità. L'alternativa era il vino raffinato, soprattutto nelle versioni liquorose, che da secoli finiva sulle tavole dei ricchi.
Mancava la via di mezzo, quella che conosciamo oggi, epoca in cui il vino si è trasformato in una bevanda se non elitaria, sicuramente frutto di una scelta consapevole, che trova una sua collocazione sulla tavola non come bevanda quotidiana ma, più credibilmente, come bevanda di festa. Certo non manca chi ancora oggi ne fa consumo quotidiano: basti pensare alla recente diffusione delle botteghe di sfuso, anche nelle strade cittadine. Sono, però, fenomeni isolati. Quello che resta, le cifre, dipingono la realtà di un prodotto che pur crescendo in valore, non è cresciuto in quantità. Anzi, pare riprendere forza la tesi affascinante e provocatoria che Daniele Tirelli aveva lanciato nel suo libro "Pensato e mangiato": un Bacco sconfitto in parte dalla birra, in parte da altre bevande dolci e gassate, in parte - soprattutto - da nuove esigenze e stili di vita.
Mi sono occupato di cibo inizialmente per il puro piacere. Avevo studiato filosofia e ai tempi mangiare e bere non andavano molto d'accordo con...
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Inserito da Enzo Zappalà
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