(scombinato spoiler di una calda notte di fine estate)
Una volta, ad ottobre, arrivava l’autunno, iniziavano le scuole ed il campionato di calcio e, per chi ha voglia di andare un pochino indietro con la memoria, c’erano le grandi agitazioni sindacali e studentesche. Per carità, non che si tratti dei momenti più importanti dell’anno (anche se il rituale dei remigini al primo giorno di scuola, con il sospirato grembiulone ed il fiocco azzurro, qualche sospiro ad un romantico malinconico come me non può non farlo tirare), ma comunque qualche buona ragione per aspettare e ricordare questo mese c’era.
Ora, il ministero della pubblica istruzione (che sicuramente nel frattempo avrà cambiato tre volte nome) ha deciso che gli studenti facevano troppe vacanze, il meteo impazzito ha anticipato l’ingiallimento delle piante ad agosto, con buona pace delle romantiche passeggiate di innamorati, che, mano nella mano nei giardini carichi di foglie variopinte nei primi freschi pomeriggi autunnali condividono un sacchetto di caldarroste (ora che ci penso, però, se si è mano nella mano, come si sbucciano le caldarroste? Vabbeh, ci penseremo: nel frattempo spero che l’immagine sia “passata”…), la confusa situazione politica italiana ha ammorbidito i sindacati e Sky, con i suoi diritti televisivi, ci ha tolto anche la serenità di qualche mese senza calcio.
Per cosa sarà ricordato, quindi, ottobre di qui in avanti?
Io, una paura ce l’ho: temo che una delle poche pene che non ci saranno risparmiate in abbinamento al decimo mese dell’anno, sarà l’uscita delle Guide dei ristoranti.
Il meccanismo lo sapete: le Guide del 2010 usciranno, con tanti saluti alla logica ed al calendario, nell’ottobre del 2009 e riguarderanno visite fatte, solitamente da individui dal palato quasi insensibile, parecchi mesi prima. Oltre a ciò, come sempre (che sia un incompreso omaggio alla fedeltà alla tradizione?), le recensioni saranno sempre le stesse e, di conseguenza, nel migliore dei casi inutili.
Parlando di Guide dei ristoranti e, più in genere, di costume, quest’estate ho visto un film, non particolarmente interessante se non fosse per l’argomento trattato. Si intitola “Fuori menù”, è di produzione spagnola (se non ricordo male) e racconta la divertente storia di un ristoratore con idee innovative e della sua variopinta brigata di cucina. La ricostruzione dei ritmi di vita è, seppur caricaturale, abbastanza realistica e divertente, così come lo è la descrizione della maniacale brama delle stelle Michelin dei protagonisti. Insomma, un filmettino che, specialmente da chi è appassionato di ristorazione di alto livello, si lascia guardare volentieri.
Ciò che, però, un po’ (non troppo, non preoccupatevi…) fa riflettere, è che, da diversi anni, praticamente ogni volta che il grande schermo si occupa della cucina innovativa, l’epilogo è sempre quello: il cuoco, aperti finalmente gli occhi sui veri valori della vita, getta l’abito vestito sino a quel momento, per rifugiarsi in quello che pare sia l’unico valore gastronomico riconosciuto, ovvero quello della cucina popolare, pane e salame, dispregiando di colpo il riconoscimento delle Guide di settore che, invece, fino a quel momento era stato ragione di vita (generalmente, ma non sempre, quanto meno professionale) del cuoco.
Ora, mentre difficilmente potrei essere più d’accordo con l’ultima posizione (è noto che cosa pensi io di stelle, cappelli, forchette, canguri, gamberi, bicchieri, soli e stranezze varie), mi spiace che quasi sempre l’acquisita consapevolezza dei ristoratori di alto livello del fatto che sono loro a rendere importanti le Guide e non viceversa, venga abbinata anche all’abbandono della ricerca culinaria che, invece, è una forma d’arte.
Possibile, mi chiedo e chiedo ai malcapitati che fossero arrivati a leggere sin qui, che l’alta cucina e le Guide vengano viste come due elementi impossibili da separare, nemmeno fossero Tom e Jerry (qualcuno ha mai visto un cartone animato con uno solo dei due)?
In realtà, a me sembra che le due cose siano diverse, ma – anche grazie all’insipienza della nostra critica – pare che siamo rimasti in pochissimi a pensarla così. L’alta cucina è, a differenza della cucina tradizionale, attività che ciba, in primo luogo, la nostra mente e, solo secondariamente ed incidentalmente, il nostro stomaco.
Andare da Alajmo, da Bottura, da Marchesi, è, in primo luogo, un omaggio a noi stessi, alla nostra curiosità, alla nostra voglia di sapere, di sperimentare, di capire.
Andare “fuori a cena”, invece, ci fa passare la fame.
A ma sembrano due cose molto diverse. Non so a voi.
Assaggiare l’omaggio a Monk di Bottura, il Rosso ed il Nero di Marchesi, il risotto alle rose, pesca di settembre (ottobre proprio non riusciamo a gratificarlo…) e zenzero di Alajmo, è una “cosa diversa”, che non può che generare emozioni (sempre che non siate degli esseri insensibili, ma in tal caso non mi stareste leggendo…), far pensare e, insomma, causare reazioni che certo non si provano assaggiando “un bel piattone di lasagne”.
Ora, perché se due cose sono “semplicemente” diverse, una deve essere considerata una sorta di depravazione, dalla quale si può redimersi solo convertendosi all’altra? Ma, soprattutto, perché l’attività di un artista deve essere vista solo in funzione dell’attività di alcuni (per di più, nel nostro campo, modesti) scribi? Pensiamo alle arti (più) tradizionali: alzino la mano quanti di voi sono d’accordo sul fatto che il Cenacolo sia un dipinto meraviglioso (Benissimo, giù le mani, grazie). Ora, quanti di quelli che hanno alzato le mani hanno letto un libro di critica artistica che riguardi il Cenacolo? (scusi, lei, lì in fondo… si è addormentato con la mano alzata o davvero ha letto un libro?)
Ecco: il giorno in cui “il pubblico” (ossantapace mi esprimo come un sondaggista, che brutta cosa…) sarà in grado di capire cosa gli piace senza doverlo leggere prima sulle Guide, forse gli sceneggiatori dovranno trovare finali diversi per i loro film ambientati nel mondo dell’alta cucina, l’arte gastronomica avrà, finalmente, fatto qualche passo in avanti e, last but not least, le Guide verranno utilizzate nella funzione che meglio riescono ad esprimere: bruciare nei caminetti o sorreggere tavolini traballanti.
Sperando che, nel frattempo, ad ottobre ricomincino a cadere le foglie (e, pensavo, gli innamorati si compreranno caldarroste già sbucciate e continueranno a passeggiare tenendosi romanticamente per mano).
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Inserito da Luca Valtolina
il 10 settembre 2009 alle 13:41Per quanto riguarda le "esperienze mistiche" di cenare da Alajmo, Bottura, ecc. non molte persone possono permetterselo.