Sono stati i fenici ad aver introdotto in tutto il Mediterraneo e anche in Sicilia la vite anche se il ritrovamento di viti dette ampelidi scoperte alle falde dell’ Etna dimostrano la presenza di viti selvatiche già nell’ era terziaria. In particolare i greci hanno avviato in modo decisivo la coltura della vite, i romani continuarono l’ opera anche se sotto di loro era più sviluppata la coltura dei cereali tanto che la Sicilia si meritò il titolo di granaio dell’impero.
Con le invasioni barbariche ci fu una prima battuta d’arresto nella produzione ma l’arrivo del bizantino Belisario permise ai siciliani di coltivare ancora per un poco la vite. Nell’ 827 gli invasori musulmani uniformandosi al Corano azzerarono la produzione senza però mai vietarla tanto che si incrementò la produzione di uve da tavola pregiate come il moscato d’ Alessandria a Pantelleria.
Si susseguirono poi i normanni e gli aragonesi ma è dal 1773 che la produzione di vino registra un vero e proprio boom grazie alla commercializzazione su vasta scala del marsala con l’ inglese Woodhouse.
Nel 1880 una spaventosa epidemia di fillossera riduce la superficie vitata da 320 mila ha a 175 mila ha. Fu necessario il reimpianto delle viti europee innestate sull’immune ceppo americano provenienti da un vivaio creato a Palermo apposta per fronteggiare l’emergenza. Denominata Trinacria per la sua forma triangolare la Sicilia è un territorio estremamente vocato per la coltura della vite perché il terreno è per la maggior parte montuoso e collinare. Il clima è mediterraneo più secco e caldo lungo la costa e più mite verso l’ interno. Per lungo tempo sono state coltivate solo le varietà tradizionali per produrre vini senza pretese con alti contenuti alcolici. Negli ultimi 10 anni c’è stata una forte inversione di tendenza grazie alla consapevolezza maturata da molti operatori siciliani e all’ introduzione di vitigni internazionali che hanno stimolato il raffronto con le produzioni indigene e gli operatori locali a cercare nuove strade per affermare le grandi potenzialità di questa terra.
Gli autoctoni sono rimasti ma il loro modo di produrre è stato sviluppato con interventi mirati come selezione la clonale, scelta dei terreni, il sesto d’impianto , l’ allevamento, il periodo vendemmiale e in cantina vinificazione e maturazione.
Attualmente la superficie vitata è di oltre 130000 ha con una produzione annuale di 8.000.000 hl di vino che pone la Sicilia ai primi posti della graduatoria nazionale.
L'incidenza della DOC rimane ancora a un livello molto basso.
Chiamato anche Calabrese o Calabrese d’ Avola, il Nero d'Avola è una delle migliori uve della Sicilia, non si sa quando vi sia giunto, il nome più che la provenienza sarebbe un’ errata traduzione dal dialetto siciliano “calaurisi” unione di due parole “calea” ovvero uva e “aulisi” che vuol dire di Avola borgo della provincia di Siracusa.
Viene coltivato in differenti percentuali in quasi tutta la Sicilia ma il territorio d’ origine in cui è maggiormente diffuso il territorio maggiormente vocato è quello sud-orientale nelle zone di Eloro , Pachino, Noto in provincia di Ragusa ( latitudine inferiore a Tunisi). Questa zona è la più calda della Sicilia con temperature medie che superano i 17° e punte estive oltre i 40°.
Da tempo, questo vitigno, offre risultati positivi sia nel centro dell’ isola che nella costa nord- orientale e anche nell’ angolo nord-occidentale in provincia di Trapani zona tipica da vini bianchi. Fino a pochi anni fa il vino prodotto con il nero d’ Avola veniva commercializzato col nome generico di vino di Pachino, il mosto veniva utilizzato per il taglio di altri vini. Era chiamato dai francesi che ne facevano largo uso sia in Gironda che in Borgogna “vin medicine” per la forte gradazione alcolica e il profumo intenso.
A partire dal 1991 il Nero d’ Avola è stato oggetto si una diffusa sperimentazione su tutto il territorio nazionale e messo a confronto con alcuni vitigni internazionali o nazionali quali il Cabernet Sauvignon, l’ Aglianico, il Primitivo al fine di caratterizzarlo dal punto di vista fenologico e produttivo per conoscerne le reali potenzialità enologiche e l’ adattabilità a diversi ambienti sia in Sicilia che su tutto il territorio nazionale.
Inoltre un’attenta analisi del territorio ci potrà permettere di parlare di veri e propri cru, infatti, nelle zone di coltivazione il terreno cambia fino a cinque volte e il clima, a seconda della distanza del vigneto dal mare agisce in modo non uniforme sulle coltivazioni.
Il Nero d'Avola entra nella composizione di molti vini DOC e IGT sia come vitigno principale che secondario: Eloro , Marsala, Cerasuolo di Vittoria, Bivongi, Sciacca, S. Margherita di Belice, Contea di Sclafani, Delia Nivonelli, Sambuca di Sicilia, Contessa Entellina, Alcamo. Coltivato principalmente ad alberello o a spalliera ha sempre prodotto un uva ad alta gradazione zuccherina che gli permette di arrivare anche fino a 15°. Allevandolo con particolari criteri si è riusciti ad abbassare il grado zuccherino e ad aumentare l’acidità.
Il corredo polifenolico delle bucce ha una buona componente antocianica e sono presenti tannini con caratteristiche molto positive in quanto sono “dolci” ben polimerizzabili che conferiscono al vino quella rotondità e struttura ricercata oggi nei vini rossi. Le caratteristiche fondamentali sono l’ estrema resistenza alla siccità e la maturazione tardiva dei grappoli. Il grappolo non è molto grande, l’ acino è medio-piccolo il colore della buccia a maturazione è violetto intenso,appena pressato da un succo molto zuccherino e di buona acidità. Con queste uve si possono ottenere vini di diversa tipologia: vini di pronta beva con uva delle pergole e delle controspalliere e vini da invecchiamento negli impianti a maggiore fittezza e minor produzione.
Ha un colore rosso rubino intenso, brillante, vivace, con riflessi violacei se giovane o granati dopo l’ invecchiamento. L’ aroma è complesso con note di viola e speziato ( liquirizia e chiodi di garofano ), prugna secca, ciliegia, mora, ribes nero, lampone e cioccolato, cuoio e tabacco come descrittori secondari. Sono vini caldi robusti equilibrati con tannini abbondanti ma morbidi che con l’ affinamento in botti di rovere guadagnano in complessità e purezza. Adatti con abbinamenti di carni rosse e arrosti di carni bianche, coniglio in agro-dolce, testina di vitello al sugo e formaggi mediamente stagionati. Il Nero d’ Avola è un vitigno molto ricco di resveratrolo, sostanza che favorisce l’ abbassamento del colesterolo nel sangue, soprattutto se le uve vengono sottoposte ad appassimento con taglio del tralcio uvifero dieci giorni prima della vendemmia.
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