La visione al femminile del vino Campano
Imperdibile appuntamento promosso dalla FISAR, in occasione della X edizione della Kermesse partenopea annuale della Hamlet s.r.l. che ha riunito 103 aziende vitivinicole da tutta Italia nella suggestiva location del Castel dell’Ovo a Napoli. Leitmotiv dell’incontro di martedì 10 giugno è stata la passione, la tenacia, il profondo attaccamento al territorio di sei aziende campane che producono vino con assoluta devozione. In questa cornice di amore e sacrificio, si inserisce l’interpretazione del vino da parte della donna produttrice. Una figura per anni defilata, silenziosa che prestava il proprio assiduo impegno per l’azienda e che alla fine, da spettatrice trasparente, poteva gioire dei successi di quella storia, perché ogni vino è una storia. In questi termini Maria Ida Avallone ha descritto l’anima della sua “storia” comparando, con immaginifica emozione, il vino ad un bambino che riceve le attenzioni della propria madre; una creatura che vede progressivamente svilupparsi ed evolvere sino a coglierne, nel prodotto finale gli aspetti di se stessa, della sua terra e della sua storia.
Nessuno più di una donna come Anita Mercogliano, delegata FISAR per i Comuni Vesuviani, avrebbe potuto introdurre questo percorso degustativo, con l’attenta moderazione di Ugo Baldassarre segretario della delegazione. Ed è stata proprio Maria Ida Avallone della azienda “Villa Matilde”, donna di grande eleganza, ad avviare l’incontro, con la presentazione del suo Falerno del Massico Bianco 2012. La Avallone ci ha ricordato come il vino sia espressione del territorio ove è prodotto, del quale non fa altro che raccoglierne le caratteristiche e le sfaccettature. Il suo falerno nasce da falangina coltivata in purezza, il cui nettare imprime e custodisce sapientemente i peculiari sentori varietali di pietra focaia e di terreno vulcanico. È un vino di buona densità, dal colore vivace seppur non di carica eccessiva. I profumi minerali sprigionati dal bicchiere si fondono armonicamente con i freschi sentori di pompelmo. Delicato ingresso dolce alla beva che si espande in una sapidità controllata e lascia, infine i tratti di una gradevole persistenza. Il Falerno del Massico di villa Matilde si presenta come vino già pronto alla beva che non necessita di ulteriori attese.
Scelto per noi da Paola Riccio della azienda Alepa è stato il Pallagrello 2011, dedicato a Maria Carolina d’Asburgo. Vino solare, brioso e nel contempo deciso come lo sguardo profondo della sua produttrice che ha descritto il suo vino “un rosso travestito da bianco”. Il “Maria Carolina” lascia spiccare l’ intensità della sua sostanza che emerge prima di tutto dalla carica del suo dorato, espressione di un nettare d’uva surmaturata naturalmente e controllata. Questo pallagrello è vino che va meditato nel tempo. La sua ricca densità visiva è confermata alla beva dal corpo polposo che ne esalta tutti i caratteri della morbidezza. Dal fine corredo aromatico, acquisito in botti di Castagno, il Pallagrello Maria Carolina, possiede anche una gradevole nota fumosa e balsamica. Questo vino ha effettivamente un’ottima espressione varietale che richiama delicati sentori di albicocca e pesca. La sospensione su feccia gli garantisce una stabilizzazione assolutamente naturale che ne preserva la freschezza.
Con la falangina pompeiana Latikadea 2012, Benny Sorrentino della omonima azienda vinicola, è riuscita, ad allontanare la nostra mente dagli affanni e fatiche quotidiane, concedendoci qualche istante di relax e meditazione assoluta. Il paglierino chiaro di questa falangina è perfettamente coerente con la leggera intensità della frutta gialla e la freschezza degli agrumi. Alla beva giunge una nota minerale prima nascosta al naso ed un lievissimo gusto sapido – sulfreo. Delicato come appare la sua produttrice, questo vino è in una fase di piena evoluzione, del quale ogni tappa è curata con attenta competenza.
Differente ma non meno esclusiva la falangina “Lo Strione” delle “cantine Astroni”, presentata dalla frizzante e pungente Emanuela Russo. Il successo della sperimentazione di questa azienda si è tradotto in un grande vino ottenuto da una macerazione con bucce per tutta la durata della fermentazione alcolica all’80% in acciaio ed al 20% in botte. Dal colore paglierino carico la vivace falangina del Campi flegrei si mostra discretamente densa alla vista con una buona componente fresca, temperata dal suo corpo caldo e piacevolmente persistente in bocca. La inconsueta vinificazione scelta per un vino bianco, richiede un lavoro particolareggiato che ha premiato l’azienda con un risultato esclusivo e di maggiore spessore. L'esperienza sensoriale si è chiusa con la degustazione di due superbi Taurasi, uno di casa Pepe, l'altro Donnachiara: due nettari d'uva al 100% aglianico.
Ilaria Petitto, da vera amazzone del vino, ha introdotto il Taurasi Donnachiara 2009. Benché generato in una annata non particolarmente favorevole alla coltura del vitigno, la natura non ne ha compromesso i frutti. Questo vino rispecchia la ricchezza e la decisione della sua produttrice e svela il suo lato più femminile e suadente rappresentato dai tannini molto rivestiti. Non consueto ed anticonformista è adeguatamente denso e di corpo. La nota fresca è presente, ma la sua morbidezza è estrema.
Il secondo gioiello enologico riporta la firma “Tenuta Cavalier Pepe” ed è stato descritto dalla voce di Milena Pepe. A differenza di quanto promesso, la luminosa Milena, ricca di colore, ci ha offerto il Taurasi DOCG Riserva, “La loggia del Cavaliere”, in luogo dell’atteso “Opera Mia 2008”. Tuttavia la scelta imprevista non ha deluso affatto le aspettative con questo vino che rispecchia tutto quello che un Taurasi dovrebbe donare. Un nettare d’uva di esclusiva pulizia enologica, grande intensità di colore. Tannicità presente, tipica, desiderata. Dal corpo avvolgente è un vino sempre maturo e pronto alla beva, mai vecchio.
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